sostegno

Passione e competenza

Dopo molti anni ho riiniziato a fare l’insegnante di sostegno. Seguo tre ragazzi, due dei quali particolarmente in difficoltà. S. è una ragazza che viene dall’Egitto. Non parla bene l’italiano, si esprime con poche parole, non vede. Ha problemi di equilibrio, seri problemi. Pochi giorni fa la aiutavo a camminare per i corridoi della scuola. Oggi piccolo passo è un’avventura, ogni gradino è uno scoglio per lei, anzi per noi. Glielo dico spesso che noi siamo una squadra, ma che non abbiamo paura di niente assieme, che riusciamo a fare tutto quello che ci proponiamo di fare insieme. A volte ho qualche dubbio, perché è veramente dura, ma io non demordo, ho la testa dura. Il mio premio è il suo sorriso, quando la vedo serena, quando la vedo felice, mentre studiamo inglese e ascoltiamo musica, per studiare nuove parole.

Ci vede una bidella. Dico sempre ad S. che noi siamo una “premiata ditta”, un “duo invincibile”. La bidella ci vede e mi dice: “Si vede che lei fa il suo lavoro con grande passione e competenza”. La ringrazio. Rifletto.

Non voglio lodarmi, non sta bene, non è elegante. Di sicuro ce la metto tutta, ma proprio tutta, le tento tutte. Come andrà?

a presto

M.

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alcune volte

Ho conosciuto molte scuole, forse troppe, essendo precario. Sono stato a contatto con i tipi umani più diversi tra loro e ho realizzato un catalogo di facce, vite, nevrosi, bontà, cattiverie, ecc. Ho conosciuto molti ragazzini e ragazzi, molti dei quali con tanto da dire e da dare, ho conosciuto dei colleghi. Due anni fa ho fatto l’insegnante di sostegno, l’ho raccontato su questo blog. Ho potuto conoscere meglio il mondo degli insegnanti, stando in classe ad assistere la bambina che mi era stata assegnata ed ho capito diversi aspetti di questa realtà. Ho visto un’insegnante femmina che ha interrotto la lezione di storia per 30 minuti per far recitare una poesia orrenda ad un ragazzino prepotente e maleducato che crede di essere Gassmann, ho visto una sedicente insegnante di tedesco che non spiegava la grammatica, ma distribuiva le stelline di carta. Aveva assegnato un po’ a casaccio degli esercizi di grammatica ai ragazzini, i quali chiamavano me per aiutarli a svolgere quanto da lei richiesto. Ero io l’unico insegnante di tedesco. Ho visto un’insegnante di musica che il 30 gennaio, dopo quasi due mesi, faceva suonare ancora Jingle Bells in un’aula gelida, con gli alunni tremanti. Ho visto dei ragazzini soli, senza una guida, senza un punto di riferimento, ho visto degli insegnanti incapaci, non tutti, per la verità. Ho visto degli insegnanti che hanno rinunciato ad insegnare, preferendo vivacchiare. Ho visto delle classi come navi senza nocchiero, per citare qualcuno.  C’ero io, insegnante, traduttore, competente e appassionato. La cosiddetta insegnante di tedesco mi disprezza, perché porto la giacca in classe, mi annoia e tocca a dei ragazzini di 12 anni gestire la situazione, scegliendo l’insegnante giusto. La cosiddetta insegnante di tedesco c’era rimasta malissimo fin dal momento in cui ci siamo conosciuti, perché non amava la presenza di un insegnante di tedesco durante le sue “lezioni”. Questi adulti mi hanno fatto un bel po’ schifo, ma anche tenerezza. Sono deboli, soli e indifesi. Sono vittime di loro stessi, vittime della loro trascuratezza, della loro approssimazione. Sono approssimativi anche nel vestirsi, brutti e sciatti. Fanno del male alla scuola, fanno del male a loro stessi.