professore

Riflessi

regalare pezzi di persona, regalare pezzi di un essere umano, di uno che fa tante cose, tra cui lo zumbero, il traduttore e il professore. sabato scorso ho visto i miei alunni di quarta prima di 15 giorni di loro stage per l’alternanza scuola-lavoro. Li rivedrò l’ultimo giorno di scuola. Mi hanno offerto due fette di torta, succulente, al cioccolato. Io ho portato loro i cioccolatini. Ho detto loro che sono orgoglioso di loro e loro hanno detto che sono orgogliosi di me. Mi sono quasi commosso. Quasi. Meglio così.

P.s. questa foto è stata scattata a Berlino, a Charlottenburgacque a Charlottenburg

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ritrovo questa bozza dopo un anno e non so nemmeno da dove esca. mi piace da matti questa foto, uscita non si sa bene da dove e come.

mi sento in confusione anche io. da un po’ di tempo non riesco a ragionare granché di scuola. è successo tanto, troppo, sono stati mesi entusiasmanti. ho raccolto tanto, ho corso tanto. sono confuso e felice, come cantava qualcuno, qualche anno fa.

vorrei raccontare la storia di quei ragazzi che fecero una festa dedicata al prof di tedesco, che li ha fatti studiare tanto e con tanta passione. vorrei raccontare che esistono dei ragazzi che credono nella cultura, che hanno 15-16 anni, che credono nelle persone, soprattutto. vorrei raccontare che hanno capito la mia buona fede, il mio profondo amore per il mio lavoro e per la vita.

sono sempre in viaggio, come tutti i precari, come chi cerca sempre. sono sempre in viaggio, uno zingaro che cerca sé stesso e che non è mai lo stesso, dopo avere viaggiato.

buona notte e buona vita a voi tutti.

Dopo un pomeriggio di relax… la suora inquietante

Mamma mia, ancora lei…Ho cercato il relax al parco, voglio uscire di venerdì sera e compare lei: Nooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo email della presidenza, la suora inquietante scrive al professore timido, per chiedere un appuntamento, quando ho un momento libero a scuola, perché le sono giunte segnalazioni circa il mio lavoro di insegnamento, senza spiegare quali. Sarà stato qualche stronzetto di terza media, immagino. Ci andrò martedì mattina, probabilmente. Non la sopporto. Sostenetemi moralmente, grazie. Che palle ‘sta donna. L’imbecille che sostituisco dovrebbe tornare ad aprile, a volte mi dispiace che torni e spero, come lei ha annunciato che se ne stia a casa fino a giugno, alle volte mi fa piacere, così ho meno problemi. La verità è che vorrei concludere l’anno, questo sì.

Il professore timido e la suora inquietante: la storia continua

C’è una parola che mi pone spesso delle perplessità, questa parola è famiglia. Certi cattolici la usano come una clava, per rinchiudere uomini e donne, ma, soprattutto quest’ultime. Usano formule come “famiglia naturale fondata sul matrimonio”. “valori della famiglia”, ecc. ecc. Della mia famiglia fa parte chiunque prova verso di me un affetto sincero, chi si prende cura di me regolarmente, a prescindere dai legami di sangue. Esistono dei giorni che considero importanti, come quello del mio compleanno. è stato sabato scorso, vi ho anche rotto l’anima in proposito. Organizzo un simpatico ritrovo con parenti ed amici, la mia famiglia, per sabato pomeriggio, l’organizzo da un mese, più o meno. La domenica precedente al mio compleanno ricevo una mail sul tablet “Comunicazioni suora inquietante”. ORROREEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE Nella mail la suora scrive dell’open day, organizzato per il 18 gennaio e inserisce un allegato. Lo apro e mi si gela il sangue, vengo precettato per il sabato pomeriggio del mio compleanno. NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO Le rispondo, chiedendo di esonerarmi, in modo molto cortese, faccio presente che ho effettuato delle prenotazioni per il mio compleanno da molto tempo. Mi aspetto una replica piccata, ma non arriva. 

Passano pochi giorni e incontro, uau che gioia, la suora, mentre salgo i gradini. Con la voce flebile, salendo i gradini più velocemente di me, mi dice, lei è troppo distante dalla scuola, non abbiamo avuto tempo per precisare. Le dico, in che senso.Per gli impegni pomeridiani no, neanche per l’open day. Capisco gli impegni pomeridiani, ma anche l’open day. Io le faccio presente, che proprio non posso, che ho in programma un ritrovo con parenti e amici. Lei è scocciata.

I valori della famiglia. Il professore timido e la suora inquietante: la saga continua.

Shine on awards i miei follower mi vogliono tanto bene (e io ne voglio a loro)

Le cinque regole da seguire per partecipare allo Shine on awards:

1– Inserire il logo dell’award sul fronte del post, 2– Riportare il nome del blog che ti ha nominato, 3 – Rispondere alle domande su noi stessi, 4 – Nominare altri 15 blogger per lo Shine on award, notificandone i link per i rispettivi blog, 5 – Far sapere ai blogger designati che hai pensato a loro per la nomination.

 

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beh, innanzitutto grazie mille a Francesca

1) http://tersiteblog.wordpress.com/ sensibilità e simpatia

 

che nomino tra i i migliori blog: 

poi:

2) http://ialeene.wordpress.com/ il carattere e la sensibilità

3) http://nichirenelena.wordpress.com/ simpatia e dolcezza

4) http://rckhsl.com/

5) http://poppybellewrites.wordpress.com/

6) http://lamusadivetro.wordpress.com/

7) http://lauracarpi.wordpress.com/

8) http://beatriceblackbirddailydiary.wordpress.com/ il mio mito, la dolce bea

9) http://tramedipensieri.wordpress.com/ la mia fidata amica

10) http://marisamoles.wordpress.com/

11) http://ombreflessuose.wordpress.com/

12) http://gregorybateson.wordpress.com/

13) http://ilblogdibarbara.wordpress.com/

14) http://margaretcollina.wordpress.com/

15) http://vetrocolato.wordpress.com/

 

Le cinque regole da seguire per partecipare allo Shine on awards:

1– Inserire il logo dell’award sul fronte del post, 2– Riportare il nome del blog che ti ha nominato, 3 – Rispondere alle domande su noi stessi, 4 – Nominare altri 15 blogger per lo Shine on award, notificandone i link per i rispettivi blog, 5 – Far sapere ai blogger designati che hai pensato a loro per la nomination.

Ed ecco le sette domande…

1) Perché hai iniziato questo blog? Perché ho sempre sognato di fare il prof. risposta un po banale

2) Qual è la cosa più importante della tua vita? ne scrivo tre: mangiare, leggere e fare sport

3) Il cibo di cui non puoi fare a meno. Cioccolata. Senza cioccolata non è vita.

4) Il tuo posto del cuore. Cesenatico

5) Come ti vedi nei prossimi 10 anni? Romperò gli specchi

6) Tre delle cose senza le quali non esci mai di casa. chiavi di casa, della macchina, un giornale/libro

7) Una citazione che ti caratterizza. cipputi, poteva andar peggio. Cipputi (con l’ombrello nel sedere) “No”(Altan)

Il professore che si credeva giovane e si scoprì fossile

Sono uno che ha poche sicurezze, molto poche. Da quando sono in balia della suora inquietante, ancora meno (oggi mi ha promesso di cambiarmi l’auletta, a gennaio. Riflessi da bradipo). 

Una delle mie pochissime certezze è quelle di essere aggiornato a quello che ascoltano i ggiovani (con due o tre g). Io non sono vecchio nemmeno anagraficamente (36), però, purtroppo non ho più 14-15 anni e la cosa mi rincresce (basta Michele, smettila di lamentarti: grido dei follower uniti). Giuro che so chi sono gli One Direction, so chi è Violetta, so chi è Rihanna, ecc. ecc. So anche cosa sono i gormiti.

Nonostante tutte queste conoscenze, ho scoperto di essere un fossile. Qualche giorno fa, mentre sto spiegando con fare sicuro delle regolone di grammatica tedesca, la mia vista veniva colta da un oggetto strano, a forma di scarpa, posato su di un banco. Siamo in prima media, il banco è quello di un ragazzino un bel po’ particolare e problematico. Nella mia testa di fossile preistorico penso che il bambino si sia tolto una scarpa in preda al delirio, visto che non è proprio a postissimo, per capirci. Gli guardo i piedi, noto che ha entrambe le scarpe e allora penso che abbia messo sul tavolo una scarpa per educazione fisica. Mi avvicino a lui con fare molto tranquillo e gli chiedo, guardando l’oggetto, che cosa è questo. Il bambino mi risponde con sicurezza, è maleducazione, poi scioglie i lacci della “scarpa”. 4 suoi compagni mi dicono in coro, è un astuccio, guardandomi con aria di compatimento, la stessa con la quale mi guarda il ragazzino a cui ho posto la domanda, che mi mostra con grande sicurezza il contenuto della presunta scarpa: biro, matite e roba varia. Io divento rosso e dico imbarazzato, non sapevo che adesso facessero anche degli astucci così e cambio discorso.

Non avevo mai visto degli astucci a forma di scarpa. E io che credevo di essere aggiornato.

Mi offrirò ad un museo archeologico. Professore del paleozoico…

Salire

Quando andavo a scuola, ero bravo ed avevo, quasi sempre, un’ottima condotta. Mi trovavo sempre meglio con quelli più tranquilli, mentre sognavo di essere dall’altra parte della cattedra. Ora sono dall’altra parte della cattedra e non sto mai in cattedra, mi piace girare tra i banchi, sentirmi parte della classe.

Ho insegnato russo per due anni in un liceo di Bologna, confrontandomi con un ragazzo motivato, attento e partecipe. Tutto bene, non succedeva nulla di strano, mi sono divertito spiegando delle meraviglie di questa cultura. Il ragazzo ha terminato le superiori, quest’anno ho svolto alcune supplenze.

Alla fine di gennaio, quando c’era un freddo boia e tanta neve, ricevo una telefonata da parte della scuola, con la quale mi viene richiesta la disponibilità ad una supplenza di inglese, con le lingue ci lavoro anche come traduttore. Accetto con entusiasmo, perché questo, per me, è il mestiere più bello del mondo e lo farei anche gratis. Mi piace stare con i ragazzi, anche con i più problematici e agitati. Ho quattro classi, a due delle quali faccio lezione nello stesso momento, incontro ragazze e ragazzi partecipi ed interessati. C’è qualcuno un po’ agitato, ma poca roba.

Incontro la seconda liceo linguistico, anche lì ci sono ragazzi e ragazze tranquilli ed intelligenti: Malisa, Giulia, Manfredi, anche Massimiliano. Ma non solo, c’è un gruppetto di scatenate che mi danno, fin da subito, del gran filo da torcere: Federica, Federica, Clarissa, Flavia, Sofia Elena, Francesca, Benedetta. Disturbano durante la lezione, chiacchierano, mangiano, sporcano per terra mentre mangiano, Benedetta e Francesca soprattutto. Mi infastidisco, mi dicono anche che io non posso valutarli, perché non sono il loro insegnante. C’é solo un problema: non riesco ad arrabbiarmi. Non so perché. Chiedo di sviluppare una pagina in cui raccontarmi del loro tema preferito riguardante un paese di lingua inglese e la loro inventiva è buona, rivela una mente interessante, le ascolto parlare in inglese e l’inglese è buono e penso che potrebbe essere anche migliore se solo stessero un po’ più attente. Chiedo loro di esercitare la fantasia scrivendo temi e tutti, anche quelli con più difficoltà, mi sorprendono per idee e ricchezza interiore. In mezzo a tutto quel caos trovo una vitalità folle, intelligente, che mi fa ridere anche nei momenti più scemi, come quando mi prendono in giro per la mia pronuncia emiliana della lettera zeta. Chiaramente ci sono le ricadute in condotta e, a volte, la testa pesa un po’, dopo quegli incontri tosti, ma, alla mattina, ho più voglia di alzarmi da letto.

Le cose belle finiscono sempre, tanto per usare una frase fatta: la collega, che ho sostituito fino a venerdì 24 marzo, mi annuncia il rientro dal periodo di malattia.

Venerdì scorso mi avvio alla lezione di inglese, deciso a far ascoltare alcune canzoni e a far svolgere alcuni esercizi, una delle canzoni è quella di Adele, someone like you. La lezione si trasforma ben presto in una specie di festa, quella canzone è tra le loro preferite, mi chiedono di cantarla quasi tutte, qualcuna canta con voce sommessa, qualcuna con voce alta e un bel po’ potente. Ogni tanto prendono qualche stecca, ma sentirle, sentire quelle parole poetiche e malinconiche, che parlano di persone che si reincontrano, in cui una delle due, chiede di non dimenticarla, sentirle cantate da voci anche un po’ incerte, a volte maldestre, ma così convinte ed appassionate mi spinge ad abbassare la testa verso il banco per celare la mia emozione. Non mi piace esprimere le mie emozioni, sono una persona schiva, timida, non mi va che mi vedano. Adesso ho un po’ paura ad ascoltare quella canzone, ho paura che l’emozione diventi troppa.

I minuti passano veloci fino al suono della campanella, Federica ed altre mi propongono una foto insieme con il cellulare, mi emoziono e divento anche un po’ rosso.  Quel gesto mi ha fatto bene.

Sono piccole cose, cose minime. Ho imparato da tutti, ho scelto di raccontare di quelle meravigliose scalmanate forse perché io sono sempre stato il bravo bambino, il ragazzo della porta accanto e sarebbe stato banale raccontare di altri “bravi ragazzi” come me, calmi, tranquilli.

Grazie ragazzi, grazie scalmanate, a presto, un abbraccio.

 

vivere

Vivere vuol dire tremare, vuol dire stanchezza, vuol dire sorrisi, sguardi stanchi e borse sotto gli occhi. Vivere vuol dire ridere. Vivere vuol dire scuola. Sono un po’ paranoico, lo so.

I giorni passano, conosco varie classi. è così difficile presentarsi quando sei all’inizio, giovane, senza quella sicurezza o sicumera che hanno i più grandi. Mi sento piccolo, minuscolo, annegato o quasi in quel mare di persone.

I piccoli di prima media sono più che bambini: c’è S, una bimba bionda magra magra. Mi è simpatica, ha un po’ l’aria della perfettina. E, F, A, E, Cecilia. In quella classe alcuni hanno scelto la lingua che insegno, altri hanno scelto spagnolo. Spagnolo va di moda, vedi Belen Rodriguez. Qualcuno sa chi è Federico Garcia Lorca? Probabilmente qualche intellettuale lo sa. Molti scelgono spagnolo, perché lo considerano facile. Non è così, è una lingua che contiene una miriade di falsi amici: burro vuol dire asino. I più bravi scelgono la lingua che insegno io, succede sempre così. Hanno voglia di imparare, sono curiosi ed intelligenti. Sono pochi, si lavora bene con sei persone. A 11-12 anni sono ancora bambini e sono, spesso, più tranquilli, non ancora in quella fase di trapasso, che, a volte li fa diventare piuttosto stronzi, I lettori di questo blog mi scusino il termine un po’ forte. Quando arrivo in seconda media il discorso cambia un po’: V, G, K, S, C, F, L, L, A, G, S e poi non mi ricordo più per il momento. Sono 16, per me sono già tanti per studiare una lingua straniera. L’organizzazione di quella scuola non mi piace. S e G sono due ragazzini o bambini in difficoltà: avrebbero bisogno di un insegnante di sostegno, ma quella scuola non li fornisce. Cercherò di non dilungarmi sul motivo per cui quella scuola non fornisce gli insegnanti di sostegno, perché vorrei che questo blog fosse sereno, almeno un po’. I due ragazzini sono lasciati a loro stessi, mettendo in seria difficoltà l’insegnante. Non si può insegnare ad insegnare, si impara sudando. Lacrime, sudore e sangue. C’è qualcuno che vuole imparare, ma quei due ragazzini così difficoltosi rendono difficile il mio lavoro. è sempre così, la prima volta sono sempre tranquilli, perché studiano la loro preda, l’insegnante, che sarà la loro vittima designata, specialmente se si tratta di un giovane pivello come il sottoscritto che è abituato a fare un altro mestiere.

A qualcuno non piacciono le classi delle medie. Molte volte, quando andavo in terza media, pensavo anche io le stesse cose. J P, L, F, M, G, M, S E, I, F. F ha problemi al cuore e alla psiche. F non può seguire le lezioni da sola, come pure J P, forse anche L, ma la scuola non provvede. E l’insegnante è abbandonato a sé stesso.

Passiamo oltre.

Non bisognerebbe fare preferenze tra le classi. Che immane stronzata ho scritto, ho scritto una stronzata di cui già mi vergogno. è normale fare preferenze tra una classe e l’altra, così come è normale scrivere delle parolacce su un blog

Previsioni

sono nato circa 30 anni fa. sono nato vicino ad una città medio-piccola, ma ho sempre vissuto in città, perché i miei genitori andavano a lavorare e mi lasciavano ai nonni. Mio nonno era un uomo grande, con gli occhi azzurri e la pelle resa scura da tante ore al sole. Mio nonno era un uomo timido. Mia nonna era piccola, con gli occhi verdi, l’energia nello sguardo e nelle parole. Forse non dovrei usare i verbi al passato, perché sento che gli insegnamenti che mi hanno lasciato non sono andati perduti. I miei nonni venivano dalla campagna e si erano trasferiti in città per cercare lavoro. Hanno fatto tanti sacrifici e hanno sfidato tante difficoltà. Non avevano avuto la fortuna di poter studiare, per questo desideravano più di ogni altra cosa che io e mia sorella studiassimo. Hanno la testa buona, hanno la testa che funziona, diceva mio nonno, che era un uomo grande e forse un grande uomo. Se non studiate non vi renderete conto di quando vi stanno fregando, diceva mia nonna. Io andavo bene a scuola, prendevo dei bei voti, perché mi piaceva la cultura, mi piaceva imparare. Quando portavo a casa dei bei voti, era contenta. Diceva di essere ignorante, e aveva paura che gli altri l’accusassero di contagiarci con la sua ignoranza. Non era ignorante, le piaceva leggere e non sbagliava un congiuntivo. Sapeva dei concetti di veterinaria, senza aver mai studiato veterinaria, sapeva dei concetti di enologia, senza mai aver aperto un libro di enologia. 

Un giorno ho incontrato un bravo professore di italiano che è diventato un mio amico. Quel professore di italiano ci spiegava i classici greci, Dostoevskij, Leopardi, ed oggi, dopo oltre 20 anni, ancora di ricordo di quelle lezioni, per lo meno di molte di esse. Mi piace il professore, perché vuole bene ai ragazzi, diceva mia nonna, Anche tu sarai un bravo professore, mi diceva mia nonna, perché vorrai bene ai ragazzi. Sono diventato professore, quando l’amata nonna non c’era già più. Sarebbe contenta se mi vedesse. Voglio bene ai ragazzi.