Vorrei avere il tempo per pensare. I soliti lamenti inconcludenti, le solite ciance. Vabbè, alla prossima.
pensare
cielo
La canzone degli Stadio, Chiedi chi erano i Beatles, recita, voi dovete insegnarci con tutte le cose e non solo a parole. Molte volte mi sento quasi in imbarazzo nel pensare che faccio l’insegnante, perché penso di avere tanto da imparare, perché mi sento abbastanza acerbo, ma quello è il mio ruolo, un ruolo dove imparo e insegno e il mio insegnare ha senso solo imparo qualcosa.
L’anno scolastico scorso ho vissuto, mio malgrado, l’atmosfera sulfurea della scuola della suora inquietante ed ho un ricordo, uno tra i tanti, che vorrei citare ora. c’è un consiglio di classe, un pretesto, per questa donnetta rinsecchita per potere parlare a vanvera. La donnetta parla e straparla e, a un certo punto, racconta, con fare gongolante, di come il padre di un’alunna abbia fatto dei lavori, del valore di svariate migliaia di euro, per lei gratis. io non vorrei mai fare il dirigente, perché mi sembra un ruolo impiegatizio, ma ho delle idee su come si deve svolgere questa funzione. Penso che sia un errore accettare delle prestazioni gratis per migliaia di euro, perché, in questo modo, la situazione diventa di conflitto di interesse. Come si fa a dare l’insufficienza alla figlia, dopo che il padre ha fatto quel regalo? non si può, naturalmente. cosa penseranno altri compagni, sapendo della generosità del padre, quando la figlia prenderà dei voti alti? un preside non deve solo essere onesto, ma deve anche apparire come tale. è interessante notare come questa donnetta dall’aria ascetica, quasi ultraterrena, sia, in realtà, così terrena, così materiale, quando gioisce, perché il padre dell’alunna ha preparato dei manifesti gratis per la festa della scuola. si tratta di manifesti che non sono neppure così importanti. cosa può insegnare una donna che gioisce per la roba? quanta piccineria c’è in quella persona? Giuliano Ferrara sostiene che, per fare politica, bisogna essere ricattabili. anche per fare scuola.
guardo la foto che sta in questo post e penso al cielo e penso a come sia necessario staccarsi dalla terra, ogni tanto. penso al paradosso di una donna che si riempie la bocca di cielo e glorifica il denaro e il possesso. Penso al mio amore per gli aerei, penso a come sfidano la gravità, penso al fascino e al timore reverenziale che provo, quando vedo un aereo staccarsi o quando ci sono sopra. sono seduto in macchina e sto andando a scuola, all’ITC in cui insegno. c’è una coda infernale di macchine e motorini, Io sto fermo, guardo il cielo sorridente di un martedì mattina pieno di promesse e scrivo. Sul sedile di fianco a me c’è un giornale. Scrivo negli spazi bianchi e penso ad un altro paradosso. Penso che un insegnante come me, ateo e comunista, come me, deve mostrare dove sta il cielo a ragazzi, ma deve cercarlo pure lui. Dove sta il cielo? sta nella bellezza, sta nel diventare chi siamo, sta nell’impegno costante e instancabile. adesso voglio citare la scuola media dove sto lavorando, che è un ambiente difficile, ma dove qualcosa di buono c’è. debbo insegnare il tedesco ad un gruppo di ragazzini, tutti stranieri, da poco arrivati in Italia. ci sono alcune ragazzine e ragazzini che si dannano l’anima, per imparare qualcosa di tedesco, dovendo imparare anche l’italiano e ce la mettono tutta, con le difficoltà e la stranezza della pronuncia araba o ucraina del tedesco. c’è A., ragazzina tranquilla e intelligente della Tunisia, dai grandi occhi, c’è A., tranquilla e sorridente dal Pakistan, ci sono D. e V., con le quali parlo in russo qualche volta, perché vengono dall’Ucraina, sempre insieme da sembrare gemelle, c’è R.A., che viene dalle Filippine e vuole imparare, a tutti i costi. Da qualche giorno ha iniziato pure S., una bella ragazzina con gli occhi verde smeraldo e lo sguardo un po’ smarrito, venuta dalla Moldavia, che mi chiede di spiegare qualche cosa in russo, visto che fatica con l’italiano. e c’è anche L., che viene dalla Siria, che è un ragazzo intelligente e un po’ confusionario. attorno a loro c’è confusione, provocata da altri alunni, ci sono difficoltà, ma il loro impegno è una dimostrazione che la scuola, per loro, venuti dall’estero, ha un valore. Dimostrano amor di patria, se questa definizione ha un valore, dimostrano che la scuola italiana ha delle ragioni in più per esistere, dimostrano che le femmine riescono, dove sempre più spesso, noi uomini falliamo. Dimostrano che il cielo esiste ancora, e non è troppo lontano.
ragionare
entrare in una scuola alle 7 e 40 della mattina significa immergersi in un’esperienza del tutto onirica. Si vedono stropicciamenti di occhi, sguardi assonnati. Il mio sguardo è più assonnato di quello degli studenti. Devo andare, per la prima ora, in una seconda superiore. Sono pochi, non sono classi pollaio come in certe scuole pubbliche. Qualcuno mi deve capire, non è come quando scrivo questo blog che nessuno legge e che a nessuno interessa. E, B, B, A, I, e poi non mi ricordo più. Inizio lentamente, piano piano le cose cambiano, piano piano l’energia e la consapevolezza aumentano. Noto sguardi timorosi, ma anche io sono timoroso. Devo rimanere per due ore e sapere gestire i tempi. L’uomo ricco, è prima di tutto, padrone del proprio tempo. Mi spaventa un po’ rimanere per due ore nella stessa classe, specialmente quando sono stato buttato lì, dal mio mondo fatto di parole scritte su un computer.
Quando esco da lì sono frastornato, devo andare a conoscere gli alunni delle medie. Mi ricordo solo la prima classe che ho incontrato, la seconda superiore. Quella scuola ha un nome che sa di scuolese, lingua imperscrutabile che mi tormenta, liceo delle scienze sociali. Quando andavo a scuola io c’erano il liceo classico, il liceo scientifico, ragioneria, e via di seguito. Adesso ci sono dei nomi astrusi, un po’ ridicoli, che fanno tanto pubblicità del detersivo.
Io sono un tipo abitudinario, sono molto abitudinario. Quando la mia adorata nonna era con me, si mangiava alle 12. Il mio orologio biologico è così tarato da una vita. Quando esco da scuola ho già fame. Ho parcheggiato lontano, non conosco bene quel paese, di cui mi innamorerò presto. C’è un viale molto lungo, ci sono alberi. Quel giorno il cielo è grigio. Penso che sia meglio risparmiare due soldi e decido di andare a casa. Ci sono circa 30 chilometri dalla scuola a casa mia, molti dei quali da percorrere su una lunga arteria stradale di origine romana. Passano pochi chilometri e la forza dell’abitudine prevale su la voglia di risparmiare qualche soldino. C’è la pizzeria a G. B. Mi fermo, entro con la timidezza, di chi deve rispondere, uno, quando il cameriere, al ristorante, chiede quanti siete. Sono da solo, è naturale e giusto andare al ristorante da solo? Quando sono al ristorante senza compagnia, mi sento a disagio all’inizio e mi sento ancora più a disagio quando sono a sedere. Mangio, la pizza è buona, mi sento un po’ spaesato, anche perché so che ho iniziato un viaggio. Debbo mettere in ordine le idee, debbo pensare. Non posso agire solo per inerzia.
Ogni pasto fuori è un rito, al primo e/o al secondo, segue il dolce, il caffè e l’ammazzacaffé. Mi alzo, pago e riesco sulla strada. La frazione è piccola, una diecina di case abbandonate sulla grande strada. Pochi granelli di polvere. è lunedì pomeriggio ed il cielo è grigio, da quel giorno tutto sarebbe cambiato. Il cielo è grigio. Il lunedì, il martedì e il mercoledì ho la prima ora, al lunedì torno a casa alle 3 del pomeriggio. Sono stanco, travolto dagli eventi.
Insegnare vuol dire avere idee, vuol dire avere idee anche alla cassa del supermercato, mentre si posizionano le merci acquistate alla cassa. si è insegnanti sempre, si fa gli insegnanti sempre. Chi non capisce questa passione è privo di vita. Chi non capisce questa passione non può vivere con chi ama l’insegnamento. Chi non capisce questa passione è morto.