questa è la storia di una persona che ama tanto, tantissimo il proprio lavoro, con passione, forse esagerata, chissà. questa è anche la storia di una persona travolta da una tragedia, la malattia e la morte della propria madre, per un tumore. Sono passati 33 giorni, tra la diagnosi e la perdita della mamma. La mamma era, è, una donna piena di senso del dovere. votata al proprio lavoro e alla propria famiglia per tutta la vita. Lui si divide tra la scuola e la propria mamma, non mancando né l’una, né l’altra. Si impegna alla morte in tutto, stancandosi, stressandosi, ma trovando anche dei momenti di felicità. Esiste la felicità in mezzo ad un tornado? esiste la gioia in mezzo al terremoto?
Lei è una ragazza dall’aria un po’ insipida, che non ama la scuola e vuole voti altissimi senza studiare. Lui vuole che lei studi, tenuto conto dei suoi limiti. La porta fuori dall’aula durante molte delle ore di lingue. Lei è o sarebbe la sua alunna, visto che lui è un insegnante di sostegno. Lei fa un po’ di progressi, ma non è felice, non vuole studiare. Pensa che avere l’insegnante di sostegno voglia dire non fare nulla. Arriva il giorno del gruppo operativo, che si trasforma in una specie di processo per il povero prof, accusato di fare il proprio lavoro. Il povero prof si difende, con la grinta che a volte gli manca. Sta anche male però, quando va in palestra, dopo il gruppo operativo, il dolore è alleviato, ma è ancora forte. La serata passa lenta e triste, fino al momento di andare a letto. Il prof di sostegno avrebbe voglia perfino di dimettersi, non si avvicina al computer, per paura di commettere sciocchezze. Va a letto e sembra che riesca a dormire, ma alle 3 di notte si sveglia, in preda a tachicardia, dolore allo stomaco e alla testa. Dubita se andare a scuola, ma, alla fine ci va, anche perché lo aspetta il suo alunno C., buono e volenteroso. Gli vuole bene, come ad un nipote. Il prof è ferito. quando è troppo, è troppo. Non ha preso nessun permesso, anche durante la malattia della madre, pur di continuare a stare accanto agli alunni. Il prof sta scoppiando.
Iniziano le lezioni e l’energia sale, caspita se sale, anche se sale pure il mal di testa. Ma le cose cambiano, almeno un po’. I colleghi/amici sostengono, il povero prof, come pure il suo alunno C., che si da da fare ed è affettuoso.
R. è un ragazzo della stessa classe dell’alunna pigra. è un ragazzo timido, insicuro, buono, che si impegna alla morte in tutto. Viene trattato con sufficienza, a volte non troppo bene dalle compagne, anche dall’alunna pigra. Aveva preso alcune insufficienze in inglese. Il prof di sostegno si è offerto di aiutarlo e i voti sono aumentati, come la sua sicurezza, almeno un po’. Deve essere interrogato, per un’interrogazione bella complicata. Al martedì lo incontro e lavoriamo molto insieme. Gli racconto che avevo pensato di prendere un permesso per le ultime due ore del mercoledì, in cui ci sarebbe stato inglese. L’alunno è preoccupato: “ma davvero non c’é? mi piacerebbe che lei ci fosse, perché così potremmo ripassare ancora e poi la sua presenza mi da sicurezza”. Mi manda diverse mail preoccupate. Io cambio idea e lo rassicuro. Ci sarei stato alla sua interrogazione.
Arriva il giorno dopo e vado nella sua classe. Ripassiamo insieme. è bravo. “Mi farebbe piacere se lei ci fosse anche l’anno prossimo. Non si trovano sempre insegnanti così disponibili e carini.” Mi dice. Sorrido. è il momento dell’interrogazione. è bravo. gli sorrido. sono felice. Lo guardo, alzando il pollice, quando la prof gli da un bel voto. Alla fine delle lezioni, gli vado davanti, gli dico: “Complimenti! Batti un 10!”
Sono felice, come un allenatore la cui squadra vince lo scudetto. Mi tocca rimanere a scuola, mi tocca continuare ad insegnare. Per sempre? mmmh… credo proprio di sì.