questa poesia mi ha emozionato molto. L’ho letta per la prima volta nel 2000, credo. Mi stavo preparando per l’esame di storia contemporanea. La inserii nella tesina, da preparare per l’esame.
adesso ve la dedico.
25 Aprile
La chiusa angoscia delle notti, il pianto
delle mamme annerite sulla neve
accanto ai figli uccisi, l’ululato
nel vento, nelle tenebre, dei lupi
assediati con la propria strage,
la speranza che dentro ci svegliava
oltre l’orrore le parole udite
dalla bocca fermissima dei morti
“liberate l’Italia, Curiel vuole
essere avvolto nella sua bandiera”:
tutto quel giorno ruppe nella vita
con la piena del sangue, nell’azzurro
il rosso palpitò come una gola.
E fummo vivi, insorti con il taglio
ridente della bocca, pieni gli occhi
piena la mano nel suo pugno: il cuore
d’improvviso ci apparve in mezzo al petto.
perché avete la pazienza di leggermi, perché siete curiosi, perché siete curiosi di me, perché mi siete simpatici e so che amate la poesia, per tanti motivi. per voi.
a presto.
Contro la seduzione
Bertolt Brecht, 1918
Non vi fate sedurre;
non esiste ritorno.
Il giorno sta alle porte,
già è qui vento di notte.
Altro mattino non verrà.
Non vi lasciate illudere
che è poco, la vita.
Bevetela a grandi sorsi,
non vi sarà bastata
quando dovrete perderla.
Non vi date conforto;
vi resta poco tempo.
Chi è disfatto, marcisca.
La vita è la più grande:
nulla sarà più vostro.
Non vi fate sedurre
da schiavitù e da piaghe.
Che cosa vi può ancora spaventare?
Morite con tutte le bestie
e non c’è niente, dopo.
Per chi conosce solo il tuo colore, bandiera rossa,
tu devi realmente esistere, perché lui esista:
chi era coperto di croste è coperto di piaghe,
il bracciante diventa mendicante,
il napoletano calabrese, il calabrese africano,
l’analfabeta una bufala o un cane.
Chi conosceva appena il tuo colore, bandiera rossa,
sta per non conoscerti più, neanche coi sensi:
tu che già vanti tante glorie borghesi e operaie,
ridiventa straccio, e il più povero ti sventoli.
oggi è il 14 Luglio. Faccio il mio dovere di bravo blogger impegnato e di sinistra e ricordo la presa della Bastiglia. Liberté, egalité, fraternité. qui finisce per stanotte tutta la mia profondità da strapazzo, troppo difficile da mostrare in queste ore. a volte mi sento un po’ ignorante, anche se forse non lo sono del tutto. forse sono solo sprofondato in un profilo intimista, un po’ da Harmony. per risollevarmi, chiedo aiuto ai poeti. stasera sto pensando ad Ungaretti.
AGONIA
Morire come le allodole assetate
sul miraggio
O come la quaglia
passato il mare
nei primi cespugli
perchè di volare
non ha più voglia
Ma non vivere di lamento
come un cardellino accecato
ora penso ad una canzone “Anche se non trovi le parole” di Elisa. qualcuno mi chiederà “che relazione hanno le due cose?”. La risposta è “nessuna”. Che bisogno c’è che vi sia un filo logico?
“Mi hai dato la fraternitá verso chi non conosco.
Mi hai aggiunto la forza di tutti quelli che vivono
Mi hai ridato la patria come in una nascita.
Mi hai dato la libertá che non ha il solitario.
Mi hai insegnato ad accendere la bontá come il fuoco.
Mi hai dato la rettitudine che necessita l’albero.
Mi hai insegnato a vedere l’unitá e la differenza degli uomini
Mi hai mostrato come il dolore di un essere é morto della vittoria di tutti.
Mi hai insegnato a dormire nei letti duri dei miei fratelli
Mi hai fatto costruire sulla realtá come su una roccia.
Mi hai fatto avversario del malvagio e muro del frenetico.
Mi hai fatto vedere la chiarezza del mondo e la possibilitá dell’allegria.
Mi hai fatto indistruttibile perché con te non finisco in me stesso.”
(Pablo Neruda, Al mio Partito)
non trovo la versione originale, scusate. ho troppo sonno
Per chi conosce solo il tuo colore, bandiera rossa,
tu devi realmente esistere, perché lui esista:
chi era coperto di croste è coperto di piaghe,
il bracciante diventa mendicante,
il napoletano calabrese, il calabrese africano,
l’analfabeta una bufala o un cane.
Chi conosceva appena il tuo colore, bandiera rossa,
sta per non conoscerti più, neanche coi sensi:
tu che già vanti tante glorie borghesi e operaie,
ridiventa straccio, e il più povero ti sventoli.
stasera mi è venuto in mente un mio vecchio post. è una delle mie poesie preferite, dall’adolescenza. Si intitola “Cugina Volpe”. L’ha scritta Paolo Volponi. Lo conoscete? Mi auguro di sì. è un intellettuale del ventesimo secolo, un grande poeta, un comunista. Mi ricordo un compito sulla poesia, al liceo. Dovevamo scegliere una poesia a nostra scelta e io scelsi questa. La commentai e il mio commento piacque un bel po’.
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco lo dichiari e risplenda come un croco perduto in mezzo a un polveroso prato.
Ah l’uomo che se ne va sicuro, agli altri ed a se stesso amico, e l’ombra sua non cura che la canicola stampa sopra uno scalcinato muro!
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Questo blog vorrebbe parlare di letteratura. E di scrittura, qualunque essa sia. Perché se ne sente il bisogno, sempre. Come antidoto alla realtà, o come spiegazione della realtà. Obrigado, Saramago.
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