gioia

Scrigno

PREAMBOLO

Dentro di noi abbiamo uno scrigno segreto, a volte. Contiene le cose che sappiamo fare, contiene le nostre ricchezze, che non sappiamo di avere. Arriva qualcuno, un giorno, che ci aiuta a trovarle. E qualcosa cambia.

SODDISFAZIONI.
Dei miei colleghi insegnanti di sostegno mi chiamano in una mia ora libera in un’aula dove stanno lavorando con dei ragazzi e mi chiedono di insegnare qualcosa di zumba. Io sono in giacca e cravatta, non proprio una tenuta zumba wear. Mi tolgo la giacca e incomincio, la app zinplay l’ho, spotify pure, Non ho paura di niente. Scelgo le canzoni coreografate dal mio amico presenter internazione di zumba e succede qualcosa di notevole. Ks. è una ragazzina con forti problemi di movimento ed equilibrio. Non ha quasi la parola. Balla e le ridono gli occhi. J. è un ragazzo che non ha quasi la parola e non ama muoversi. Balla e gli ridono gli occhi. A. è su una sedia a rotelle e ha problemi alle mani. Balla, ride ed è entusiasta. E non sono i soli. Le insegnanti di sostegno sono stupite e divertite. Arrivano la seconda canzone, la terza, la quarta, I minuti passano e il mio sudore aumenta. J. mi viene ad abbracciare. è un ragazzone grande e grosso, è felicissimo. Io mi rendo conto a fatica di quello che è successo. Quello che doveva essere un esperimento diventa una lezione di circa 40 minuti di zumba in cui dei ragazzi si sono divertiti da pazzi e hanno tratto giovamento, in cui io mi sono divertito un mondo, ma anche le mie colleghe,.

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Non so

Non so ancora se sia giunto il tempo di gioire, ma è meglio non farsi troppe domande, è meglio non essere troppo complicati. L’anima si sta alleggerendo, i giorni sono diventati più veloci. Godiamoci il momento, senza pensarci troppo. è bello così.

p.s. domenica ho partecipato ad una strepitosa masterclass di zumba. Mi ha ricaricato, mi ha fatto rinascere, ma, soprattutto, mi fa rinascere la scuola. La amo, la amo alla follia. è difficile immaginare quanto. Buona notte. M.

Con la valigia pronta

Maggio è il mese dei compiti in classe e delle interrogazioni che si ammucchiano. Da anni cerco di organizzare il tempo dei miei alunni saggiamente, provando a non contribuire al mucchio di impegni.

Maggio è il mese dei primi caldi, che rendono invivibili le aule. è il mese della stanchezza, che offusca troppo spesso le menti di alunni anche meritevoli, ma anche quelle degli insegnanti, anche la mia.

è giusto allentare un po’ il ritmo, se si ha lavorato alacremente per tutto l’anno.

Avevo fatto una promessa, all’inizio dell’anno, ai ragazzi, che avevano visto le foto sul mio profilo Instagram. Avrei fatto una piccola dimostrazione di zumba, alla fine dell’anno, l’ultima lezione. “Si ricorda la sua promessa?” Mi fa una ragazzina magra di seconda liceo linguistico, simpatica e non troppo studiosa. Rispondo di sì, anche se sono un po’ imbarazzato.

Usciamo in giardino, in un angolo appena un po’ appartato. Ho la musica sul cellulare. La ragazzina magra si è portata una cassa, per collegare il cellulare, ma funziona il giusto. La musica si sente poco. C’è un’afa paurosa, non si respira. Io sono in camicia a maniche lunghe. Parte la musica e mi va via l’imbarazzo. La prima canzone è un brano di un mio amico, presenter di zumba, seguono un brano di Chino y Nacho e uno di Shakira. Sono sudati e felici, sono sudatissimo e felice. Sta per suonare l’intervallo e ritorniamo in classe, madidi di sudore. è finita l’ultima lezione dell’anno. Come spesso succede, l’anno prossimo non sarò nella stessa scuola. Ne ero conscio fin dall’inizio, ovviamente. Sono arrivato qua, a settembre, senza disfare la valigia, come facciamo noi precari, consci che durerà sempre troppo poco, ma pronti a lasciare qualcosa, di noi, pronti a farci cambiare da queste esperienze, a farci cambiare dai ragazzi, ma anche a cambiare un po’ la loro vita, a renderla un po’ più serena, ma anche un po’ più felice. è una felicità sana, spinta dalla musica, ma soprattutto dalla voglia di stare assieme. Io sono felice, lo sono sempre stato, lo sono quasi sempre a scuola, porto felicità, o almeno ci provo.

Faccio fatica a realizzare subito il significato di quello che è successo. Queste parole saranno curative, o almeno ci provano. Mi faranno prendere coscienza, o almeno ci provano. Scrivere è anche una medicina.

Quando verrà l’inverno dell’anima

Per ovvie ragioni, i colloqui con i genitori si stanno svolgendo online. Lunedì scorso una mamma mi ha detto: “S. era un po’ preoccupata per il tedesco. Ora è entusiasta anche della sua materia e mi racconta sempre di quello che fate. Fate tante cose e di alto livello”. Me ne devo ricordare, quando si approssima l’inverno, che non è quello meteorologico, ma quello dell’anima, che a volte, si inaridisce e trema per il freddo.

Venerdì interrogo e poi decido di far fare a loro un quiz sul cibo in Germania, tramite Kahoot. Sono entusiasti, vedo i loro sorrisi, che mi riempiono di gioia. Due ragazze mi dicono: “Grazie a Kahoot ho memorizzato ancora meglio dei termini. Si studia, senza accorgersi di studiare” Devo ricordarmene, anche quando verrà l’inverno dell’anima. E c’era una signora dalla voce strana che sosteneva che io me la tirassi. E continuo a stupirmi di tutto ciò che mi riesce.

W la vita.

M

P.s. A volte mi chiedo perché scrivo. Scrivo, perché penso che possa interessare. Scrivo, come promemoria per l’anima.

Lei è uno dei migliori Prof in assoluto!

Partiamo dal fatto che sono uno abituato a farmi domande, continuiamo con il fatto che sono un tipo insicuro, anche se una tizia con la voce strana, qualche anno fa, pensava che io mi dessi delle arie. A volte sono troppo insicuro. Mi sembra sempre strano, quando mi fanno i complimenti. Non sono mai certo di meritarli.

Qualche giorno fa una ragazzina di seconda liceo mi ha definito: “uno dei migliori prof in assoluto”. Sono sempre stato abituato ad avere i piedi per terra.

A lavorare porto la mia gioia, la mia passione, la voglia di divertirmi mentre lavoro, lo faccio sempre e i ragazzi se ne accorgono.

Alcuni giorni fa una mia collega mi incrocia, davanti all’aula di una classe in comune. Mi dice: “i ragazzi hanno un entusiasmo appassionato per il tedesco”.

Viva la vita.

Vincerò anche questa volta

Il titolo potrebbe sembrare il delirio di un esaltato con disturbi della personalità.

è difficile restare indifferenti alle aule vuote, spettrali, senza gli alunni, senza quei corpi a tre dimensioni, senza quegli occhi attenti, felici, distratti, assonnati, che spuntano faticosamente dalle mascherine. è difficile restare indifferenti arrivando davanti alla scuola e non vedere e/o sentire il vociare caotico e simpatico dei ragazzi, molti dei quali, almeno nella scuola in cui lavoro io, sono disciplinati, non si assembrano e hanno la mascherina. è difficile non provare sconforto quando la connessione internet della scuola è efficace quasi quanto quella dei modem analogici e fa spezzettare la tua voce di prof, le loro voci, le cancella del tutto e butta fuori il loro rettangolo di schermo dalla chiamata di meet. è bello vedere tutto il visto dei ragazzi, ma ti si stringe il cuore nel vederli dietro ad un computer.

Quando li vedi entrare a scuola, poche classi complete, qualcuna a metà, provi una sensazione di gioia e sollievo, come se non li vedessi più da tanto tempo, anche se li hai visti solo qualche giorno prima. Allora è il momento di dare ancora di più il meglio di te, allora è il momento di incrociare i loro sguardi. E dimentichi tutto, dimentichi, per quell’ora, questo schifo di virus e tutti il resto, vedi i tuttologi da bar e da internet. Ma anche quando sono dietro ad uno schermo, quando hai risolto i problemi di connessione, dopo aver igienizzato accuratamente la cattedra, solo in quell’aula, anche quando ci sei tu e loro sono altrove, in paese o persi in località collinari o di pianura, allora devi dare il meglio, perché questo lavoro di diverte da matti, perché è una delle tue gioie della vita. Vincerò anche questa volta.

M.

Il tempo non cancella, a volte

Si dice che il tempo cancelli i contorni, ma anche le figure. Si dice che la memoria si vada perdendo, anche per colpa di internet. Mah, forse è vero, ma non sempre.

Era settembre anche cinque anni fa, quando ricevetti la chiamata per quel liceo così lontano da casa mia, addirittura 50 km. Avevo molta paura delle autostrade, in quel periodo. Fatico ancora a capire il perché, visto che il mio unico incidente, in cui ho disfatto la macchina, l’ho avuto poco prima di entrare in tangenziale. Avevo poche ore, 7. Ci dovevo andare per soli due giorni alla settimana, il mercoledì e il sabato, avevo due classi del liceo linguistico. Il primo giorno ero teso e in ansia. Andò tutto bene: i ragazzi, quasi tutte femmine, furono disciplinati e volenterosi. Nonostante ciò tornai a casa distrutto, mi stesi sul divano, dove dormii profondamente. Il tempo cancellò velocemente la stanchezza, sostituita da un’adrenalina che mi dava sempre più energia e voglia di vederli. Quei ragazzi di quel paese di 30000 abitanti, molti dei quali hanno l’accento diverso dal mio, sono simpatici e positivamente vivaci. Ascoltano attentamente, ponendo domande intelligenti, che mi fanno riflettere in tanti modi diversi. Incontro i loro sorrisi al sabato mattina, quando sono stanco morto, perché la sera prima sono andato a farmi una birra e ho dormito 5 ore quella notte. Incontro i loro sorrisi e la stanchezza passa, viene relegata chissà dove. Insegno e imparo, in continuazione. I ragazzi e i genitori sono soddisfatti e felici, io pure. I giorni passano senza che io me ne accorga, tra richieste di rassicurazioni dei genitori “lei rimane, vero? mi raccomando” e un’atmosfera bella e sana con i ragazzi, in cui si impara e si vive bene. Passano solo due mesi, due mesi non sono niente, ma sono anche qualcosa, quando lasciano un segno nell’anima. Passano due mesi e arriva l’aggiornamento delle graduatorie, arriva una telefonata: la persona che era prima di lei ha accettato, il suo incarico è terminato. Il mio dispiacere è enorme, pensando che non avrei più rivisto quei ragazzi, il loro pure. Ricevo tanti messaggi, che mi scaldano l’anima. Organizzano un pranzo al ristorante, in una giornata che di grigio ha solo il cielo. Siamo felici e consapevoli che qualche cosa è nato.

Trascorre poco tempo e inizia un altro incarico, pieno di gloria e sorrisi, fatica bella e soddisfazioni.

Gli anni scivolano e arriva questa richiesta di disponibilità, dallo stesso liceo, questa volta per una cattedra piena. Non sono sicurissimo di candidarmi, perché è molto lontano. Lo faccio e ottengo il posto. All’inizio sono preoccupato, ma la preoccupazione svanisce un po’ alla volta, travolta dall’energia e dalla gioia che mi danno i ragazzi, ma anche i colleghi.

Incontro una collega, la quale si ricorda di quando, cinque anni prima avevo lavorato lì e mi dice: erano tanto contenti di te, i ragazzi. A volte il tempo non cancella.

Per questo faccio l’insegnante.

M.

La dedico anche a quest’anno

Dedicavo questa canzone agli anni scorsi, a diversi degli anni scorsi, ma la dedico anche a quest’anno, alle emozioni, alle consolazioni che ho ricevuto dalla scuola, alla meravigliosa quinta, alla sezione in ospedale, alle terze, ma anche alla quarta. Alle fatiche, ma anche a mia madre, che mi ha detto più volte, con tono di rimprovero, sono quattro/cinque mesi che sei a casa, come se a casa non avessi fatto niente, come se avessi provocato io la pandemia, come se la didattica on line fosse stata nulla, come se non ci fosse stata la libera professione, anche. A presto. https://www.youtube.com/watch?v=iq1X4TN28xk

M.

Lei è una persona solare

Mi hanno detto anche questo, quelle ragazze belle dentro, di fuori, sopra e sotto, ma anche tutto intorno. è vero, ma per merito vostro soprattutto, siete voi il mio sole.

Che bello vederle/i, vestiti a festa, sfoggianti abiti lunghi, tatuaggi, pettinature nuove e sorrisi, qualche tacco alto, tinture di capelli e camice eleganti. Che belli/e, che belli e veri, che belli i loro sorrisi e le loro lacrime di gioia e commozione. Ho detto loro cosa penso e mi hanno detto: prof, ha fatto piangere anche una persona che fa spagnolo. Io non ho pianto, mi sono emozionato, certamente, ma ho sorriso.

Ho sorriso, perché loro hanno capito chi sono. Ho sorriso, perché hanno dissipato gli ultimi dubbi che avevo sull’Istituto Alberghiero. è stato il secondo anno, ho avuto qualche perplessità, mai su quella classe, ovviamente, che ho amato alla follia. Ho avuto qualche perplessità su quel luogo, perché è pieno di contraddizioni, perché non assomiglia ai posti a cui ero abituato. Ma ho capito, ho ancora di più avuto la certezza di aver fatto centro. Anche lì c’è rimasto un pezzo della mia anima. E se tornassi per la terza volta?

Coronavirus

Non mi metto a fare lo pseudovirologo, non ci capisco niente. Vi rassicuro. In questi giorni sono a casa da scuola e mi sto dedicando alle traduzioni. è il tempo anche della riflessione, è il tempo in cui posso un po’ guardarmi dentro e vedere cosa manca. Lo scrivo troppo spesso, forse perché manca qualcosa. Già.

Qualche settimana fa sono andato a fare un esame, un esame che certifica eventuali problemi neurologici. A dicembre ero svenuto, per fortuna la mia mamma mi aveva sorretto, facendosi un gran male al polso. Io sono grande e grosso. L’esame era in ospedale, alle 8 del mattino. Il medico che mi ha esaminato è una persona umana e civile e non è così scontato. Mi ha legato ad un lettino, che ha spostato in verticale per mezz’ora. Mi ha misurato le pulsazioni e la pressione. Ma non è di questo che voglio parlare.

Quel giorno non ho preso tutta la giornata di libertà a scuola, solo le prime ore. Quando sono uscito dall’ospedale erano le 11, ho preso subito la macchina. Mentre stavo percorrendo il breve tratto di autostrada che separa l’ospedale dalla scuola sentivo una gioia folle. Sembrava la prima volta che andavo a scuola dopo anni, invece c’ero andato il pomeriggio precedente. Ci andavo per sole due ore, i ragazzi sono buoni e simpatici, anche se di una discreta ignoranza, ma a me importa la loro sostanza e quella c’è. Sono state due ore di vera festa, anche se ho fatto lezione come qualsiasi altra volta. La scuola è sempre una gioia, è sempre una consolazione. Il cuore batte ancora.

M.