gentilezza

Scoperte al dottorato

I giorni passavano, il dottorato si stava rivelando frustrante e abbastanza inutile, tranne che per un fatto, tranne che per un particolare. Avevo conosciuto lui. Ci vedevamo a bere in un baretto di periferia, una mezza schifezza con la pizza bruciacchiata e un prosecco mediocre. Il bar c’è ancora, vicino a casa mia. Parlavamo a lungo, mi parlava di semiotica, letteratura e cinema, gli parlavo di letteratura, cinema e politica. Offriva spesso lui da bere, anche se, qualche volta, cercavo di impedirglielo. Mi interessava parlare con lui, ma, prima di tutto, mi interessava la sua gentilezza, espressa da quegli occhi grandi e neri, dai gesti e dal tono della voce, mi interessava il suo garbo nei modi. Mi colpiva la sua voglia di comunicare, la sua voglia di ascoltare. Erano belli quegli incontri, semplicemente belli quegli incontri, belli perché semplici e semplici perché belli.

Bellezza pura.

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Dottorati

Sono passati tanti anni, ma sembra ieri. Oddio, un luogo comune. Vabbè, forse non è il momento ideale per scrivere, sono le dieci passate e ho avuto una giornata piena, ho fatto una lunga passeggiata e ho partecipato ad una lezione di zumba online del mio amico presenter.

Mi ricordo di quando ho conosciuto quella persona. Facevo il dottorato, un’esperienza che ricordo positivamente solo per aver conosciuto quell’essere umano che ha cambiato la mia vita. Si offrì di accompagnarmi alla macchina, eravamo in centro e avevo parcheggiato quasi sulla circonvallazione.

I lineamenti sono marcati come quelle colline e quelle strade che portano alla sua casa in campagna, un individuo non troppo alto e ben proporzionato. Mi parlò del potere della semiotica nella vita delle persone. E io pensai: non ci avevo mai pensato, caspita. Ha gli occhi grandi, scuri e buoni, soprattutto buoni, che esprimono gentilezza, quella vera, che scalda l’anima. Pensai che ci saremmo trovati veramente bene assieme. E così sarebbe stato. Molto, molto bene.

M.

Non fare economia di gentilezza

PICCOLE STORIE BELLE

Sono piccole storie, che rinfrancano l’anima. è un sabato di qualche mese fa. Sto uscendo da scuola alle 13. Mi sono alzato presto, come tutti i sabati. Al sabato non c’è nessuno o quasi, in giro. Per strada c’è silenzio, le luci sono ancora spente e le tapparelle abbassate.

Arrivo a scuola, un po’ assonnato e felice. Le ore trascorrono felici e produttive. è l’una, scendo le scale, ho libri in mano, sono pesanti. Vedo due ragazze belle, sorridenti, avranno 18 anni, più o meno. Hanno sguardi, occhi, tratti somatici e accessori, che richiamano un altrove, che è sempre meno lontano. Non sono mie alunne, non mi conoscono, almeno credo. Tornano indietro di qualche passo, mi sorridono e mi tengono aperta la porta, per qualche secondo.

è un bel momento, sono pochi secondi che riscaldano il cuore. W la gentilezza, w queste piccole storie, io mi so ancora stupire, forse è un buon segno, almeno lo spero.