Non sono capace di parlare di teoria della scuola, ammesso che possa servire a qualcosa, ammesso che esista. Mi fa abbastanza ribrezzo il burocratese, quel gergo scuolese, del cui uso compulsivo si vantano alcuni colleghi. Mi piace parlare di pratica, mi piace sporcarmi le mani, cercare soluzioni.
I vari DPCM che si susseguono sulla pandemia hanno sancito il diritto dei BES, cioè di coloro i quali hanno disturbi dell’apprendimento come la dislessia, così come delle persone disabili a frequentare la scuola in presenza. In una delle mie classi i genitori di una ragazza hanno fatto questa richiesta, seguiti da quelli di altre compagne, non in condizioni di dislessia. Non mi ha fatto piacere. A scuola la connessione internet funziona male, malissimo a volte. Questa settimana ci devo andare per due volte, dalla prossima per tre.
Martedì mi alzo prima dell’alba e raggiungo la scuola, molto lontano, a 50 km da casa. Fa freddo, ma soprattutto fa tanto tanto incazzare. Arrivo nella prima aula vuota e faccio lezione solo ai ragazzi a casa, la connessione va discretamente. Alla seconda ora succede il fattaccio, la connessione fa il proprio comodo e i ragazzi di prima perdono metà lezione, perdono il loro diritto allo studio, arrivano la terza e la quarta ora e devo andare nella classe dove ci sono le 4 ragazze. Faccio una battuta con loro, sono contento di vederle. “Mi sembra strano, vedervi a tre dimensioni, a grandezza naturale” Loro ridono. Mi collego con i loro 24 compagni a casa e la connessione va malissimo, la loro voce e la mia diventa metallica, le nostre immagini appaiono e scompaiono spesso.
Per garantire il diritto allo studio in presenza di 4 alunne, lo si è negato, parzialmente, a diecine di loro compagni. Quanto sono distanti la teoria e la pratica.
Succede in tutto l’istituto, perché la connessione non è abbastanza potente, succede nel profondo nord, in un paesone, in un liceo, dove ci sono, molto spesso, famiglie garantite, con pochi problemi a collegarsi da casa. E intanto si continuano a finanziare le scuole private, invece di destinare quei soldi alle pubbliche.