
Come sempre, arrivo in ritardo. Sono passati 22 anni e un giorno, dalla strage di Capaci, quando Falcone, la moglie e la scorta sono stati uccisi.
Mi ricordo che a quell’epoca io ero già un piccolo militante comunista. Mi aveva un po’ perplesso il fatto che Falcone avesse accettato di lavorare a Roma al Ministero della Giustizia. Pensavo che rischiasse di compromettersi con il sistema. Lo ammiravo, ma non avevo capito il suo gesto. Non avevo capito che voleva cambiare la giustizia. è normale, avevo 15 anni.
Quando Falcone morì, io ero in giro. Non mi ricordo più a fare che cosa. Faceva caldo, forse troppo. Torno a casa, la casa dove sto scrivendo ora. Mia nonna mi accoglie con aria turbata e mi dice “Hanno ammazzato Falcone”. Io rimango allibito. Non so cosa dire e guardo la televisione in silenzio. Spero che almeno sua moglie, ferita, si salvi. Non ce la fa.
Passano i giorni e passano i mesi, mi accorgo che quel giorno ho perso un po’ di infanzia, ho perso un po’ innocenza. Mi accorgo che ho acquisito sempre maggiore coscienza della mafia, mi accorgo che Falcone, come Borsellino, sono un po’ anche parte di me.
Ora vedo alcune brutte facce, di destra e di pseudosinistra, che beatificano questi magistrati, perché sono morti, mentre insultano magistrati come il dottor Di Matteo, al quale questo blog è dedicato. Li insultano, proprio come facevano con Falcone e Borsellino.
Li insultano, li ostacolano, li diffamano, proprio come facevano con Falcone e Borsellino. E ho paura.
E sento l’esigenza di costruire legalità. di costruire società proprio lì, a scuola.