fino all’anno scorso non ero mai stato granché abituato a classi grandi. Avevo sempre insegnato in istituti privati, dove, si sa, spesso le classi sono raccolte. Avevo l’anno scorso, un solo gruppo grande: 27 persone, con le quali avevo tre prime ore. Scorrevano bene, tutto sommato, anche perché, forse, erano ancora vinti dal sonno. Per due anni ho insegnato russo ad un solo ragazzo, durante la mattinata, mentre l’altra parte della classe studiava francese. Quel ragazzo aveva scelto di studiare russo e quella scuola, dove ho lavorato, gli aveva trovato l’insegnante, il sottoscritto. Ho trascorso degli anni belli, ho imparato molto. Quando insegnavo russo a questo ragazzo le lezioni erano una sorta di conversazione amichevole, naturalmente con tanti contenuti. Non avevo mai avuto grandi problemi di gestione del gruppo.
Adoro le due terze, di cui parlo molto spesso nel blog, ma anche con loro ho avuto il mio bel da fare. Ho imparato, nell’anno scolastico che si è appena concluso, che c’è un pericolo terribile per l’insegnante: il computer o il lettore dvd che non funzionano. Armato di buone intenzioni, decido di portare i fanciulli, è l’ultima ora del mercoledì, nel laboratorio di lingue, per mostrare loro un film in tedesco, Solino. Iniziamo a sistemare le attrezzature, io e due-tre ragazze, ma le attrezzature non funzionano e l’inizio del film tarda. Gli alunni aspettano e si spazientiscono come farebbero molti altri, capeggiati dal solito M. Dico loro di stare buoni, ma non ho abbastanza convinzione, forse perché sono troppo intento a cercare di far funzionare l’attrezzatura elettronica. Al secondo-terzo rimbrotto la porta si apre, c’è una collega che manifesta giustamente tutto il suo disappunto, facendo due urli ai ragazzi. Mi chiede scusa, io chiedo scusa a lei, ma non è questo il punto. Ci rimango malissimo, perché mi sembra di essere incapace. Finisce la lezione e me ne vado dalla scuola con il capo chino, pieno di rabbia e vergogna.
L’indomani ho di nuovo lezione con i ragazzi. Entro in classe con estrema decisione, criticando pesantemente quel che era successo il giorno prima. Minaccio di dimettermi dall’incarico. Mi basta guardarli per capire che si sentono in colpa, sono spaventati. Rispondono, si sentono in colpa tutti, nessuno escluso. Sono una società e anche chi si è comportato bene si sente in colpa per gli altri. Promettono di migliorare il comportamento e ammettono di aver sbagliato, si raccomandano che io non mi dimetta. Facciamo lezione, loro si comportano bene. Sono diligenti, come molte volte è capitato. Suona la campanella, c’è l’intervallo. Dopo l’intervallo devo uscire. Avevo minacciato di andarmi a dimettere durante l’intervallo, GMP, un ragazzo biondo e simpatico che ha un solo difetto, è milanista, mi dice, adesso va a casa, sottintendendo non a dimettersi, e poi ci vediamo sabato. Io faccio il vago, ma se ci sarò ancora. S., la bella e dolce ballerina, di cui ho parlato qualche post fa, mi dice con tono sicuro e sorridente, ma lei ci deve essere, dobbiamo prepararci anche per il compito in classe di gennaio. Sono contento. Quando arrivo a casa, penso a come sarebbe stato dimettersi e non vederli più e rimango inorridito, quasi terrorizzato. Oramai sono diventati parte di me, anche se, qualche volta, sono un po’ pestiferi. Per la cronaca, questa vicenda è accaduta prima di quella della nota sul registro, richiamata nel post “eliminare”.
Un altro momento in cui ho capito che non avrei mai potuto stare senza di loro risale a gennaio. è il giorno del mio compleanno, vado dal dentista, o meglio, dal mio ex dentista, convinto che si tratti di un controllo di routine. Mi controlla una dentista, mi controlla un altro dentista e poi un altro ancora. Parlano tra loro con aria preoccupata, quando chiedo spiegazione, fanno i vaghi. e dire che non provo alcun dolore e ho un lieve gonfiore. Ho paura di non poter più lavorare, ho paura che possano essere notizie brutte. La mia prima paura è quella di non riuscire più a vedere le due terze, le due famose terze. Nessuno mi sa rispondere. Quando arrivo a casa, leggo gli auguri su FB e il buon umore, almeno in parte, ritorna. Il giorno dopo arrivo da loro, mi cantano tutti “tanti auguri al prof”, tutti fanno gli auguri, anche i ragazzi che studiano francese. Devo consegnare i compiti in classe, che sono andati bene, non c’è stata nessuna insufficienza. Sono felice e la loro vicinanza contribuisce a lenire un bel po’ lo spavento. Mi preoccupava di più non vederli, della mia stessa salute, mi terrorizzava la prospettiva.
per la cronaca, ho cambiato dentista e pare che non sia nulla di grave. è la metà di giugno e sono vivo e vegeto. Almeno credo.