cecità

Quasi finito

Siamo quasi al 29 dicembre e l’ho forse scampata bella. Questo è il secondo anno senza finire all’ospedale, anche se ho dovuto pagare un ticket di 97 euro per l’ultima volta in cui ci sono stato, per colpa di una persona che mi ha maltrattato, tanto maltrattato, nel 2020. L’ho pagato proprio nei giorni del super guaio, quello di settembre, un mese di merda, proprio di merda. è stato un anno buono, il pezzo di anno scolastico fino a giugno è andato bene. L’estate è filata liscia fino ad agosto, poi, lasciamo perdere. C’è stata la tristezza, la disperazione, ci sono state le notti insonni e la paura di non farcela. C’è stata la mia lotta disperata, strenua ed imperterrita.

Ho ripreso e sono ridiventato, dopo 5 anni, insegnante di sostegno, nella stessa scuola di 10 anni fa. Ho tre alunni, di cui S., una ragazza che non vede. Faceva fatica, tanta fatica a camminare, quando l’ho conosciuta. Fino a pochi giorni fa, prima delle festività natalizie, faceva le scale da sola e io le ho pure insegnato una coreografia di zumba. Ho scoperto di sapere fare qualcosa, probabilmente bene. Forse. C’è stata la palestra, che mi ha dato e mi continua a dare tantissimo. Ci sono stati i libri. E c’è stata la persona che amo, che mi ha preso il cuore e fa benissimo l’amore, che non guasta mai.

Buon Anno!

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10 anni e 4 giorni (da quella telefonata)

Quest’anno sono tornato, quasi per caso, nella scuola in cui ero all’inizio della scrittura di questo blog. Sono passati 10 anni, 10 anni in cui ho imparato qualcosa, in cui sono diventato un po’ meno fesso, ma solo un po’, in cui mi è rimasto l’entusiasmo, la stessa percentuale di ingenuità, che, come diceva V.R., “rinfresca i sensi”. Avevo rimosso dalla mia mente il grande parcheggio, dove lasciavo sempre la mai auto. Forse perché ora ci sono i moduli prefabbricati, a causa della pandemia. Ora il grande parcheggio è il luogo dove attendo e porto due dei miei tre alunni al pullmino, che li riporta a casa. Rimango accanto allo stesso albero, quasi sempre, tranne quando piove, anche quando fa freddo. Aspetto e rifletto. A volte aspetto per un po’ di tempo, anche un quarto d’ora. A volte arriva il pullman vuoto, a volte arriva S. S. non vede, scende dal pullman aiutata da una delle due ragazze a bordo. Chiede il bastone, che io le preparo. Iniziamo a camminare, ci sono due dislivelli nel terreno, c’è un gradino, prima di entrare nella scuola. Lei cerca e trova la maniglia della porta.

Da un po’ di tempo cammina da sola, con il solo aiuto del bastone, quando è all’interno della scuola. Mi sembra che cammini meglio di quando la tenevo io, forse le trasmettevo ansia. Cammina piano, ma la sicurezza le aumenta progressivamente. è una mia vittoria, ma, prima di tutto, è una sua vittoria. Sono felice.

M.

Passione e competenza

Dopo molti anni ho riiniziato a fare l’insegnante di sostegno. Seguo tre ragazzi, due dei quali particolarmente in difficoltà. S. è una ragazza che viene dall’Egitto. Non parla bene l’italiano, si esprime con poche parole, non vede. Ha problemi di equilibrio, seri problemi. Pochi giorni fa la aiutavo a camminare per i corridoi della scuola. Oggi piccolo passo è un’avventura, ogni gradino è uno scoglio per lei, anzi per noi. Glielo dico spesso che noi siamo una squadra, ma che non abbiamo paura di niente assieme, che riusciamo a fare tutto quello che ci proponiamo di fare insieme. A volte ho qualche dubbio, perché è veramente dura, ma io non demordo, ho la testa dura. Il mio premio è il suo sorriso, quando la vedo serena, quando la vedo felice, mentre studiamo inglese e ascoltiamo musica, per studiare nuove parole.

Ci vede una bidella. Dico sempre ad S. che noi siamo una “premiata ditta”, un “duo invincibile”. La bidella ci vede e mi dice: “Si vede che lei fa il suo lavoro con grande passione e competenza”. La ringrazio. Rifletto.

Non voglio lodarmi, non sta bene, non è elegante. Di sicuro ce la metto tutta, ma proprio tutta, le tento tutte. Come andrà?

a presto

M.