bullismo

Punire

Quando mi trovo di fronte a situazioni problematiche a scuola, il dilemma è sempre quello: punire o no? Io non amo granché le punizioni, specialmente quando non vengono capite. Mi piace parlare, l’ho già scritto mille volte. Qualche volta servono le punizioni, per far capire che esistono i limiti, oltre i quali non si può andare. 

GM è una ragazzina, piccola e magra, con i capelli neri lisci lunghi. Quando entra in classe ha sempre il muso lungo, sembra una donna matura con tre figli, precaria, che deve pagare mutuo e bollette varie. GM è brillante, intelligente, distratta, bizzosa. GM è in terza media, penso che la terza media sia un momento critico, perché i preadolescenti non sono né ragazzi, né bambini, né carne, né pesce. Professor Michele, il Tribunale Supremo Contro i Luoghi Comuni le impone di smetterla subito! Ok, Vostro Onore, risponde l’attonito Michele. Gm è un bel po’ lunatica, martedì scorso non stava mai attenta, l’ho sgridata più volte, ma continuava imperterrita. La lezione è stata abbastanza difficoltosa, quando questa, al momento del suono della campana, esclama “Era Ora!”. 

In quel momento ho avvertito una sensazione, che le mie parole fossero sprecate e assurde. Insegnare è mestiere di parola, ho avvertito la sensazione di star perdendo tempo. Non mi piace questa sensazione. Non esco di casa e vado a scuola, per quel misero stipendio, La sgrido, con la sensazione che quelle parole non servano a nulla. Penso di mandarla dalla preside per un nanosecondo, poi recedo, perché sono convinto che lei non voglia seccature e si scoccerebbe con me. Lei se ne va. Penso di scrivere una comunicazione ai suoi genitori sul registro elettronico, ma l’ho già scritta, ed è servito il giusto. Mi sono sentito inutile, come un colbacco il 15 agosto. Decido per una nota sul registro elettronico, la suora magra ed evasiva ci ha detto di scrivere note solo per i casi gravi e questo mi sembra un caso grave. Voglio far capire a questa viperetta, che si crede la figlia della santanché, che ci sono regole e che vanno rispettate. 

La rivedo il giorno dopo a scuola, lei, assieme ad un’altra compagna, si avvicina a me con un sorrisino imbarazzato, perché mi ha messo la nota. Io le rispondo, perché non ci si rivolge così a nessuno, ci sono delle regole. Le rispondo freddamente, vado per le spicce e sono un po’ imbarazzato anche io. Il giorno successivo ho lezione con quella classe e ne ho poca voglia, visto che mi sembra di perdere tempo. Se una persona non si rende conto di aver sbagliato, quando è così palese, mi sembra che i discorsi non abbiano senso. Quando le parlo, mi rivolgo tranquillamente, le dico che non mi piace mettere note. Io penso, a lei non l’ho detto, che sia una scorciatoia quando non si sa più cosa fare con un alunno. Lei, sussurrando, mi dice, però me l’ha messa, prima che io le risponda, l’altra viperetta, quella che vuole 10, le dice, stai zitta, altrimenti te ne da un’altra. Io inizio a parlare e le dico, sai che originalità, che, a volte, nella vita, bisogna fare anche ciò che non si ama, blablabla. 

Beh, i ragazzi sono stati bravi e anche quella che pensava di essere la figlia della santanchè, è stata attenta e disciplinata. Continuerà? Boh! 

Sabato mattina vado a scuola, mancano 10 minuti alle 9, ho un sonno bestiale, la sera prima ho fatto le due e mezza. Al venerdì sera, cascasse il mondo, voglio uscire. Sul vetro della porta della scuola delle suore, c’è un cartello “Importante ELEZIONE DEL CONSIGLIO DI ISTITUTO” Penso: machissenefrega, ma decido di votare lo stesso. Mi piace votare, ognuno ha i suoi vizi, sempre meglio che fumare. Entro e, con voce assonnata, saluto la scrutatrice, la madre di GM. Voto, la cugina di mia madre che lavora dalle suore da 30 anni abbondanti. Quando sto per uscire, la madre di GM mi dice, si ricorda  di me, sono la mamma di GM. Sì, mi ricordo, ecc. ecc. Parliamo della vicenda nota, la signora sta dalla mia parte e mi dice che la figlia è preoccupata. Nella scuola delle suore c’è del bullismo contro di lei, mi dice. Ora, questo fatto è paradigmatico. In un ambiente protetto per definizione si verificano dei fenomeni che, una volta, succedevano nelle scuole medie “di frontiera”, come quella che ho frequentato io, vicino alla casa dove abito anche ora. Io sono stato vittima di due bulli, che provenivano da famiglie difficili, che mi volevano impedire di salire sull’autobus, che mi rincorrevano alle fermate con la bicicletta, per bloccarmi il passaggio. Io reagii sempre, anche facendo a pugni, e denunciandoli alla preside, che li fece sospendere. Uno dei due bulli avrebbe, in seguito, fatto diverse gite più o meno lunghe nelle patrie galere. Che stia finendo anche l’ambiente protetto? Per certi versi, confrontarsi con la vita, anche nei suoi aspetti più spiacevoli, basta che non si esageri naturalmente, forse non è male, ma mi sorprende come stiano decadendo quei mondi. O sono sempre stati così?

Alcuni giorni fa è venuta a parlare con me la madre della viperetta che vuole sempre il 10, è una persona tranquilla e a modo. Le ho raccontato della figlia, che è brava, ma troppo ansiosa. Mi ha colpito una sua frase, il prossimo anno andrà in una scuola pubblica. Quello è un ambiente un po’ meno protetto e non potrà permettersi momenti di rilassamento.  Si è ricreduta?

Sono sempre più orgoglioso di aver frequentato SOLO scuole pubbliche.

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ho sempre delle riserve, mille riserve, quando si parla di scuole private. Io ci lavoro, si sa, da anni, mi trovo bene, ma rimango della mia idea, io non manderei mio figlio in una scuola privata. Ho vissuto per un anno in una scuola pubblica, prendendo anche delle spinte da un alunno, che non ha subito sanzioni da parte della presidenza. Ho trovato ragazzi splendidi, ragazzi stimolanti, ma ho trovato uno sbandamento educativo preoccupante. Ci sono persone che rinunciano ad educare, rinunciano ad educare, perché sono senza bussola, sempre ammesso che ne abbiano avuta una. molti insegnanti sono vagamente sinistrorsi, convinti che essere di sinistra significhi permettere agli studenti di fare quello che vogliono.

io cerco di capire il perché di una scelta, quella di mandare i figli alle scuole private. c’è chi lo fa per religione, va bene, chi lo fa perché è uno status symbol, chi lo fa perché ha paura della scuola pubblica. ci sono degli insegnanti della scuola pubblica, più d’uno, che mandano i figli alla scuola privata. Io ho frequentato solo scuole pubbliche, alle medie ero in una scuola un po’ particolare, ho fatto anche a botte per difendermi, mi sono confrontato anche con le difficoltà, ma sono contento così. Lo rifarei, ci manderei degli eventuali figli. Anche fare a botte mi ha insegnato qualcosa, fare a botte con dei piccoli delinquenti che mi molestavano. pochi giorni fa c’era una riunione nella scuola in cui lavoro: ho visto due coppie di genitori. F e F. sono marito e moglie, vestono roba costosa, hanno un’azienda che vende solo in italia, perché all’estero è giustamente disprezzata, in quanto vende della robaccia. Hanno una macchina costosa, una casa costosa. Un oggetto vale per quanto costa, bello o brutto che sia. Una persona vale per quanto costa quello che indossa. Sono fascisti, razzisti e classisti. Mandano i due figli alla scuola delle suore, quando si è ricchi, i figli non possono andare alla scuola pubblica. Poveri figli. Poi c’è T., assieme al marito. T. abitava vicino a me, da quando è nata. T. è figlia di buona gente, volontari della parrocchia, ma sinceri. T. è la ragazza della porta accanto, che mi difendeva dai bulli alle medie. T. è la ragazza dei saluti calorosi, sinceri, come il padre e la madre. T. ha mandato i figli alla scuola privata, lei frequentava le scuole pubbliche. T. mi saluta, assieme al marito, ci abbracciamo. Mi dice, lo dicevamo sempre in cortile, che saresti diventato un professore, eri già così intelligente e profondo. Me lo dice, con sincerità e calore che fanno bene al cuore.

Non sono riuscito a capire perché certi genitori mandano i figli alle private.

specchi

quando guardo  certi miei alunni, rivedo dei pezzi di me. quando ero preadolescente, 12 anni circa, ero un bambino timido e studioso. ero molto alto, come ora, tutti mi davano 14 o 15 anni, avevo un paio di amici. intendiamoci, ero timido, ma riuscivo ad esprimermi con gli altri. leggevo i libri di mia sorella, che andava alle superiori, mi piaceva la letteratura. 

a.m. era un bambino piccolo, con la testa rotonda e molto freddoloso. l’ho conosciuto nella scuola ciellina. certamente le brave suorine non alzavano molto la temperatura del termosifone, ma a.m. era quello che soffriva piu’ di tutti. am era un bambino cicciottello, che parlava con un filo di voce. a 12 anni leggeva Shakespeare, voleva partecipare alle lezioni di filosofia delle superiori, li’ in quella scuola, gli piaceva beethoven. am era vittima dei bulli di quella classe, specialmente di un bambino folle e stupido, lasciato senza insegnante di sostegno, perche’ costa troppo. erano botte, insulti e vessazioni continue. durante le mie lezioni reprimevo il reprobo con sgridoate, minacce di punizioni e punizioni. quando dovevo presenziare al momento dell’intervallo, tenevo gli occhi bene aperti e il,povero am era al sicuro. am era in seconda media e si era gia’ preparato il programma della terza  io gli proposi di svolgere un compito di terza e lui lo svolse perfettamente. molto spesso facevo spiegare almeno una parte delle regole di grammatica a lui, il quale si faceva sempre interrogare. quando seppi  che, assieme alla repubblica, uscivano le opere di shakespeare in dvd glielo dissi. lui mi rispose, grazie professore, ho,gia.’ iniziato a comprarle

Lui mi chiese in prestito il Faust di Goethe, a 13 anni.
Vicino a quella scuola c’era un bar ristorante, dove si potevano mangiare eccellenti piatti di pasta. Io adoro il buon cibo e adoravo quel bar. Un giorno incontro i genitori di am, sono simpatici. Parliamo a lungo e mi offrono l’aperitivo. Li incontro per diversi martedì, durante i quali mi manifestano tutto il loro gradimento nei miei confronti, professori come lei dovrebbero essere clonati meno male che c’é lei, ecc. Incontro la madre, mi offre il caffè, ecc. Allo stesso tempo mi manifestano tutto l’odio nei confronti della scuola e della preside. Un giorno ho capito un Po’ di più del loro odio. Sono libero durante l’intervallo, sto, passando nel corridoio, una collega esce da un’aula e mi dice, puoi dare loro un ‘occhiata., è una giovane collega acida ciellina, non si è preoccupata di controllare dove sono am e il suo persecutore. Io mi affaccio nell’aula e vedo il persecutore che prende per il collo am , quasi canonico. Lo fermo. Am riprende, piano piano, il proprio colorito abituale.
Ho capito meglio l’odio, dei genitori per quella scuola.