Quest’anno sono tornato, quasi per caso, nella scuola in cui ero all’inizio della scrittura di questo blog. Sono passati 10 anni, 10 anni in cui ho imparato qualcosa, in cui sono diventato un po’ meno fesso, ma solo un po’, in cui mi è rimasto l’entusiasmo, la stessa percentuale di ingenuità, che, come diceva V.R., “rinfresca i sensi”. Avevo rimosso dalla mia mente il grande parcheggio, dove lasciavo sempre la mai auto. Forse perché ora ci sono i moduli prefabbricati, a causa della pandemia. Ora il grande parcheggio è il luogo dove attendo e porto due dei miei tre alunni al pullmino, che li riporta a casa. Rimango accanto allo stesso albero, quasi sempre, tranne quando piove, anche quando fa freddo. Aspetto e rifletto. A volte aspetto per un po’ di tempo, anche un quarto d’ora. A volte arriva il pullman vuoto, a volte arriva S. S. non vede, scende dal pullman aiutata da una delle due ragazze a bordo. Chiede il bastone, che io le preparo. Iniziamo a camminare, ci sono due dislivelli nel terreno, c’è un gradino, prima di entrare nella scuola. Lei cerca e trova la maniglia della porta.
Da un po’ di tempo cammina da sola, con il solo aiuto del bastone, quando è all’interno della scuola. Mi sembra che cammini meglio di quando la tenevo io, forse le trasmettevo ansia. Cammina piano, ma la sicurezza le aumenta progressivamente. è una mia vittoria, ma, prima di tutto, è una sua vittoria. Sono felice.
M.