
Sono solo prospettive? Questi soffitti li ha fatti l’uomo. Abbiamo fatto noi, esseri umani, qualcosa di bello. Guardare in alto ti dà le vertigine. Non è solo qualcosa di fisico. Questo blog era diverso, io ero diverso. A volte mi infastidisco, perché ho qualche capello in meno rispetto ad anni fa. (qualcuno in meno, ne ho ancora abbastanza).
Ho iniziato questo blog, partendo da una necessità fisica, animale. Dovevo riempire delle pagine. è trascorso del tempo, ho acquisito la consapevolezza di una parola “buona”. che cosa è la parola “buona”? Ho parlato di me stesso, ho parlato di scuola per parlare di me, credo di aver scoperto qualcosa di nuovo di Michele, ho riscoperto la passione per la fotografia, La fotografia è diventata un pretesto per la narrazione. La narrazione parla di una realtà, dove, da qualche parte, nell’angolino, si intravede qualcosa di luminoso. La narrazione è intimistica, parla di amore ed emozioni, di molti sorrisi, qualche dispiacere, Sono partito dalla scuola, dai racconti concreti di lezioni, momenti extra-lezioni, e così via e mi sono accorto che la scuola non è ancora finita, nonostante il nome del blog. Mi sono accorto che bisogna capire, capire, capire i ragazzi, capire sempre di più, Mi sono accorto sempre di più che è fondamentale lavorare, mi sono reso conto che i doveri fanno crescere le persone. Sapevo ancora prima di affrontare questo blog queste cose, ma una collega pseudoprof mi ha dato dello stronzo, perché le affermavo. Le sapevo ancora prima, ma sono stato ancora più convinto, quando ho visto dei 17enni lavorare con entusiasmo e disciplina. Ho imparato l’importanza di catturare l’immaginario degli alunni.
Ho ancora negli occhi e nella mente la gioia di bambini di 11-12 anni, per una canzone rap, si intitola Schokolade, forse un po’ scemotta, che ho scelto per fare imparare un po’ di lessico. Ci sono dei cantanti che si strafocano di cioccolato nel video, c’è una madre che glielo impedisce, una nonna che tira fuori un sacco di cioccolato dai cassetti. I cantanti ballano in modo buffo. I bambini ascoltano e ripetono le parole, io spiego loro la traduzione, loro canticchiano pezzetti della canzone nell’intervallo o uscendo da scuola. I bambini mi chiedono più volte, prof possiamo ascoltare qualche volta la canzone del cioccolato. Imparano altre parole, imparano la lingua senza neanche accorgersene. I volti di tutti sono rapiti davanti a quelle immagini e a quelle parole, anche se a me, adulto che ascolta Guccini da quando aveva 15 anni, sembrano un po’ cretine. In quel gruppo ci sono bambini molto diversi tra loro, c’è AR, c’è SC, sono due signorinelle mature e dolci, ma che sono delle bimbe davanti a quel video. C’è MP, c’è GS, sono due bimbe dolci ed educate, che sorridono e ascoltano le parole. Ci sono i maschi, che sono più irruenti, più infantili, che dimostrano il loro entusiasmo per qualcosa che può sembrar poco, una canzone, ma che per loro è tanto. Sono tanti, sono diversi, ma sono uniti per quella lezione, uniti da un modo di imparare diverso, uniti dall’essere bambini.
Mi hanno ricordato l’importanza dell’entusiasmo. Ho imparato qualcosa da loro. Alla fine dell’ora sorridevano. Tante volte, alla fine delle mie ore, si sorride. E loro diventano più belli, anche se lo sono già. E io vorrei gridare di gioia. L’idea di quella lezione era nata da una mia intuizione, improvvisa, spontanea, da catturare subito. A volte mi capita quando sono alla cassa dell’ipermercato e appunto l’idea sullo scontrino o sul tablet, a volte quando sono al tavolo di un ristorante. Quando non avevo il tablet ho anche chiesto in prestito un foglietto al cameriere. Penso che gli insegnanti, ora, abbiano degli strumenti in più, rispetto ad una volta. Ci vuole sempre il sano buon senso, ma non abbiamo ancora perso contro il grandefratello, almeno credo.
C’è Internet, c’è Youtube. In mezzo a tanta spazzatura, a tanta volgarità, c’è una maniera per fare imparare. La lezione deve essere pesante, ma anche leggera. Bisogna sapere dosare, bisogna capire prima quando è giusto “infierire” e quando è giusto raccontare le cose in modo diverso. Bisogna raccontare la realtà con gli occhi di persone che vivono altri mondi, che vengono da un altro mondo. Ho imparato quanto è importante il fattore emotivo, per usare un’espressione un po’ logora.
Ho imparato che debbo essere sempre e comunque me stesso, e lo sono stato, anche se, qualche volta, ho avuto la tentazione di proteggermi. Non avevo sonno. Sono piaciuto (tante volte) e sono dispiaciuto (poche, per fortuna) per come sono, non per come sembro.