angoscia

ma adesso basta

Sono solo in casa e un silenzio assordante mi devasta e distrugge. Sento che devo scrivere, per curarmi. Ho bisogno della parola, per frantumare il dolore. Il mio corpo è sempre stato in salute e da un po’ di tempo non risponde ai comandi. Vado in ospedale e faticano a capire cos’ho. Non so neanche io cosa ho di preciso. Qualcuno ha sospettato perfino che io fossi drogato. Non fumo nemmeno. Sono pieno di angoscia, paura e un senso di vuoto mi opprime. Ancora per qualche giorno non potrò fare sport. Ricomincio il 20, o almeno spero, dopo un mese. Vi prometto che smetterò presto, l’inverno dell’anima deve finire.

Non riesco nemmeno a piangere.

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alla ricerca di un altrove

altroveè trascorso molto tempo, cronologico e mentale, da quando i miei post sapevano di malinconia e di una malcelata angoscia. era il tempo della suora inquietante, era il tempo del maniero triste e oscuro, oscuro come le fandonie polverose che quella donna voleva dare a bere agli alunni e agli insegnanti.

quest’anno ho detto “ti amo”, erano anni che non lo dicevo. sono stato uomo al 100 per cento, orgoglioso di me, orgoglioso di ogni parte di me.  ho detto ad una ragazza bionda, dolce e malinconica, “ti amo”, dopo che lei l’aveva detto a me

il regalo di Natale

sentirsi come al GF, grande fratello. Mi capita, qualche volta, di seguire pezzi di quella trasmissione e sono rimasto colpito da vari aspetti, due dei quali tratterò nel seguito. Uno è quanto siano una costruzione artefatta, nulla che si avvicini alla realtà, di cui recano pomposamente e retoricamente il nome. Ogni passaggio è scritto, ogni personaggio corrisponde ad un cliché, ad uno stereotipo. Il secondo aspetto che mi ha colpito è l’attesa angosciosa dei concorrenti, nel momento in cui il conduttore annuncia l’eliminazione, l’uscita dallo show. Questi vengono eliminati, a seguito di una nomination dei compagni, e a causa del mancato gradimento del pubblico rispetto alla loro presenza nella casa. Vengono valutati per quanto appaiono, per quanto litigano, per quanto esagerano.

Confesso di essermi sentito nell’angoscia più nera, all’inizio delle vacanze natalizie. Come i lettori di questo blog sanno di sicuro, sono un precario. I miei contratti vengono prorogati di due mesi in due mesi, nella media, facendomi rimanere sempre nell’incertezza e facendo rischiare agli alunni un cambio di insegnante che si traduce sempre in disagi, ritardi nel programma, etc. A settembre fui incaricato, fino alla nomina dell’avente diritto, come si dice in lingua scuolese, alla fine di novembre, una ragazza che ha ricevuto 12 delle 18 ore che avevo avuto fino a quel momento io. Arriva l’ultimo giorno prima delle vacanze di Natale, un giorno in cui si respira aria di smobilitazione, i ragazzi non ne vogliono più sapere, ma anche certi professori. Decido di andare in segreteria per salutare e, già che c’ero, chiedere conferme sul mio ritorno a gennaio. La segretaria mi guarda un po’ preoccupata e mi dice, non posso garantirle niente, devo chiamare altre due persone. Io le chiedo, ma non era già stata nominata l’avente diritto. sì, ma dal provveditorato mi richiedono di chiedere nuovamente la disponibilità. In quel momento mi si gela il sangue, impallidisco, chiedo, quando si saprà. La segretaria mi risponde, il 28, mancano 6 giorni, penso io. Vedrà che, molto probabilmente, non accetteranno, in fin dei conti sono solo 6 ore. Ci scambiamo gli auguri di buone feste e io me ne vado senza sorridere, come avevo fatto entrando nella segreteria. I giorni si succedono lentamente, nell’angoscia di dover rinunciare alla scuola. Ho una vita piena, di certo il motivo non era quello dei soldi, con 6 ore settimanali. Il motivo era che i “bambini mi curano l’anima” come dice il personaggio dell’Idiota di Dostoevskij, il motivo era solo quello.

Quando sono a casa, mentre lavoro, ma anche mentre non lavoro, penso sempre a quello che rischio e l’inizio delle feste per me è tutto tranne che sereno. L’unico aspetto rasserenante risiede nel fatto che per natale e santo stefano le scuole sono chiuse e non possono telefonare. Quando arriva la mattina del 28 mi sveglio agitato, ho dormito male. In tutti questi giorni ho continuato ad ascoltare canzoni che parlano di ritorni. “Ritornerai” di Bruno Lauzi, ed altre, come una sorta di rito propiziatorio. Avevo promesso a me stesso che, se le cose fossero andate bene,  avrei ascoltato la musica del trenino, Brigitte Bardot, bardot, per intenderci, a tutto volume. avrei stappato una bottiglia di champagne e sarei andato a cena nel ristorante di Cracco, per festeggiare.

Suona il telefono, la segreteria ha la voce allegra, è fatta, sono confermato. Parte la musica del trenino e la bottiglia di champagne va in frigo. Pazzo di gioia scrivo su FB la lieta novella, per me le vacanze di natale iniziano ora è parte del testo del post. Ragazzi ed altri amici mi rispondono congratulandosi, mi sento bene, anche se non ho avuto alcun merito per essere rimasto, ho solo scampato ad un pericolo.

Quando finiscono le vacanze di natale e ritorno dalle mie terze, mi batte il cuore a mille, sono emozionato ed incredulo, mi sembra di sognare, non mi sembrano veri. Era il regalo di Natale.