Quando lo conobbi, mi accorsi subito che la sua amicizia era è ed un riparo. Eravamo in quel baretto un po’ squallido, a bere spritz annacquato e a mangiare patatine e schifezze varie. Mi parlava di letteratura e semiotica, della sua vita tormentata e piena di problemi da risolvere. Mi parlava di cinema. ero felice e sereno.
amicizia
Scoperte al dottorato
I giorni passavano, il dottorato si stava rivelando frustrante e abbastanza inutile, tranne che per un fatto, tranne che per un particolare. Avevo conosciuto lui. Ci vedevamo a bere in un baretto di periferia, una mezza schifezza con la pizza bruciacchiata e un prosecco mediocre. Il bar c’è ancora, vicino a casa mia. Parlavamo a lungo, mi parlava di semiotica, letteratura e cinema, gli parlavo di letteratura, cinema e politica. Offriva spesso lui da bere, anche se, qualche volta, cercavo di impedirglielo. Mi interessava parlare con lui, ma, prima di tutto, mi interessava la sua gentilezza, espressa da quegli occhi grandi e neri, dai gesti e dal tono della voce, mi interessava il suo garbo nei modi. Mi colpiva la sua voglia di comunicare, la sua voglia di ascoltare. Erano belli quegli incontri, semplicemente belli quegli incontri, belli perché semplici e semplici perché belli.
Bellezza pura.
Dottorati
Sono passati tanti anni, ma sembra ieri. Oddio, un luogo comune. Vabbè, forse non è il momento ideale per scrivere, sono le dieci passate e ho avuto una giornata piena, ho fatto una lunga passeggiata e ho partecipato ad una lezione di zumba online del mio amico presenter.
Mi ricordo di quando ho conosciuto quella persona. Facevo il dottorato, un’esperienza che ricordo positivamente solo per aver conosciuto quell’essere umano che ha cambiato la mia vita. Si offrì di accompagnarmi alla macchina, eravamo in centro e avevo parcheggiato quasi sulla circonvallazione.
I lineamenti sono marcati come quelle colline e quelle strade che portano alla sua casa in campagna, un individuo non troppo alto e ben proporzionato. Mi parlò del potere della semiotica nella vita delle persone. E io pensai: non ci avevo mai pensato, caspita. Ha gli occhi grandi, scuri e buoni, soprattutto buoni, che esprimono gentilezza, quella vera, che scalda l’anima. Pensai che ci saremmo trovati veramente bene assieme. E così sarebbe stato. Molto, molto bene.
M.
Un ragazzo cittadino e uno che abita in collina

Il cielo si arrossa, sta facendosi sera, in una giornata, in cui il sole ha picchiato, violento e spietato. Con la mia automobile piccola e dignitosa, una modesta utilitaria, ho scalato il delicato pendio che dalla statale porta alla sua casa abbarbicata sulla collina. è una sera di estate, sto andando a prendere una persona speciale, un amico, che è un pezzo di famiglia. Ho già parlato di lui in altri post, mesi fa. Provo sempre la sensazione, sicuramente abnorme, di essere una specie di eroe, quando mi arrampico su per quella modesta collina, quando l’asfalto lascia il posto allo sterrato e ad una curva a gomito, mentre i rami degli alberi assistono, sbilenchi come soldati pigri e un po’ avvinazzati, al mio passaggio. La mia piccola vettura si fa largo per quella strada, con il non troppo celato timore di incontrare un’altra auto in senso inverso, anche se qui non passa mai nessuno, tranne un’auto alcune settimane fa. Io sono un fifone, lo sono sempre stato. Sono un cittadino, abituato alle mollezze della vita. Sono anche prudente, non ho mai causato danni, anche se ho fatto queste salite molte volte, da quando ho avuto la fortuna di conoscere quella persona.
Un segnale stradale è uno dei pochi testimoni dell’esistenza della località, che ha il nome di Fontana, dove abita il mio amico e ci sono tre/quattro case al massimo, che sembrano spesso disabitate, anche se non lo sono. Ci sono prati, alcuni dei quali tosati, altri in preda al disordine. Ma è anche bello spezzare la monotonia di villette, industrie e trattorie tradizionali, anche buone. La casa del mio amico racconta di tempi passati, molto passati, di sasso, su tre piani. Per andare in bagno lui deve uscire di casa e scendere le scale, all’aperto, per giungere al bagno, che si trova in un piccolo ambiente, attiguo alla cantina. Di inverno e d’estate, con la pioggia e la neve, con il sole e il freddo. A lui piace così. Sua madre ha la camera al secondo piano e il bagno attiguo alla camera. Tutte le volte che vado da lui, penso che non vivrei mai lì. Io sono un cittadino, non abituato alle asprezze della collina, come lui.
Ci incontriamo, ci abbracciamo e siamo felici. Vado in retromarcia verso lo spiazzo sterrato e mi dirigo verso la discesa, quando il tramonto cattura la mia attenzione. Fermo l’auto e scendo con il mio cellulare. Tanto non passa nessuno, forse. Faccio la foto e le colline rosseggianti dominano la scena, mentre alcune fronde fanno capolino da destra e in basso. I pendii sono dolci, un misto di marrone, grigio e verde scuro. è bello. Mi piace.
Prof, lei è uno di noi
Il giorno 27 di febbraio riprendo a scrivere questo post, con in mano un bicchiere di gin. è notte, fuori c’è 1 grado. Perché lo scrivo? Boh.
Torniamo a Monaco di Baviera, dove siamo in Gita. L’albergo nel quale alloggiamo è penoso, cadente come il cibo che mangiamo, ma chi se ne frega! I ragazzi sono magnifici, come i miei colleghi. Sento l’affetto, sento che è nato qualcosa. Abbiamo viaggiato in pullman, attraverso 3 nazioni, tra chiacchiere, più o meno serie e confidenze divertenti. Ci sono 3 classi in gita assieme, una sola delle quali è una classe in cui insegno. Poco importa che io non conosca molti dei ragazzi, prendiamo confidenza, scherziamo insieme tutti, come se ci conoscessimo da tempo. Il mattino dopo ci risvegliamo stanchi, pronti a ripartire per Praga. Fa un gran freddo, abbiamo tutti i visi stanchi, ma sorridenti. Lasciamo l’albergo orrido e arriviamo, dopo alcune ore, a Praga.
è bello questo albergo, è accogliente. Le giornate trascorrono, tra visite alla città e partecipazione ad una fiera studentesca, per alunni degli istituti tecnici. Facciamo colazione, pranzo e cena assieme, lasciando anche molta libertà ai ragazzi, di andare in giro per Praga per gli affari loro. Gli alunni non se ne approfittano mai, rispettando tutte le indicazioni che diamo loro, come, ad esempio, l’orario in cui ci dobbiamo rincontrare. Sanno usare la libertà che diamo loro, senza abusarne, perché sono ragazzi saggi,, educati, pieni di senso della misura. Sono ragazzi normali, come ce ne sono tanti, rendendo patetici i luoghi comuni che tanti sputano sugli adolescenti.
I miei occhi si perdono nella bellezza del panorama dal Ponte Carlo, così come nel vedere Praga di notte dalla barca sulla quale siamo, sento che questa bellezza mi sta salvando, sento che questa bellezza mi tiene agganciato alla vita. Ma non solo quella bellezza. C’è la bellezza dei miei colleghi, c’è il sorriso sincero di quei ragazzi, felici di vederci, felici di vedermi e di parlarmi, di stupirsi con me per la bellezza della cattedrale di San Vito e di scherzare su vari argomenti, sempre senza esagerare e sempre con tanto buon gusto. Li vedo fin dalla mattina e sento il loro calore, che mi fa pensare, un giorno di quelli: “sembra quasi una famiglia”, che mi tiene agganciato alla vita, dopo tutto quello che era successo, pochi mesi prima. Un ragazzo, che avevo conosciuto in quei giorni, mi dice: “sa prof, perché lei è così amato dai ragazzi? Perché lei sa capire le nostre esigenze, lei è uno di noi”. Mi viene in mente quello che aveva detto un ragazzino, ai tempi della suora inquietante. “Lei non è un prof come gli altri. Lei è uno di noi”. Il tempo che ho trascorso in questo mondo non mi ha reso vecchio, mi ha dato la possibilità di fare esperienze, di conoscere cose, di gioire tanto e di soffrire anche, anche se non tanto. Il tempo che sto trascorrendo su questa terra non mi ha reso più vecchio, forse più maturo, anche se non sempre, forse più consapevole. Non ha cambiato il mio spirito giocoso, la mia voglia di ridere, non mi ha tolto leggerezza. Mi sento un adolescente, tante volte, per la voglia di vita e la sete di esperienze che non mi mancano. Forse è vero che sono uno di loro?
Gli elogi mi stupiscono sempre, sono abituato a non vantarmi, forse sono un po’ troppo insicuro. Quello che è certo è che non mi sono mai sentito su un piedistallo, non ho mai portato in giro il mio monumento, anche se una con la voce strana, qualche anno fa, mi aveva accusato di darmi delle arie.
Quando torniamo a casa, una delle due classi che ho conosciuto in Repubblica Ceca, chiede a me di fare la foto di classe con loro. Addirittura, tutti vogliono farmi la dedica, come hanno fatto già nelle mie classi. L’altra classe va a reclamare ufficialmente, chiedendo di avere me come insegnante di tedesco. W la vita.
Saluti.
Baci.
Il calore (sto sempre parlando del mio migliore amico)
Il calore di quella cucina è come il calore del camino della casa del mio amico. é sostanza gradevole e benevola, che ristora il corpo e l’anima, profumi di ragù e affettati, vino rosso a volontà, che scioglie ancora di più le lingue e stimola la conversazione, che viaggia tra risate, scherzi, ragionamenti seri, a volte un po’ tortuosi, come le strade che portano alla sua casa in collina.
Per passare dalla sala, dove consumiamo abbondanti libagioni, al bagno, bisogna uscire all’esterno e scendere gradini, che ti portano al piano di sotto, dove il bagno c’è. Di inverno è abbastanza spiacevole, fa freddo, anche se nel bagno la temperatura è piacevole. Ma non importa.
Guardo al suo viso, i cui lineamenti rivelano un’origine del sud, anche se la sua parlata è ben lontana dal meridione. Lo guardo in volto, gentile, fine, bello e vedo sua madre, che ha attraversato centinaia di chilometri, oltre cinquant’anni fa, che parla con l’accento della sua terra, nonostante sia da tanti anni lontana. Vedo sua madre e gusto i suoi piatti, piatti del luogo, con cui si è contaminata dal punto di vista culinario, oltre ad aver sposato il padre del mio amico. Quei piatti sono generosi di sapori e di calore, proprio come lei, proprio come il mio amico, proprio come quel vino, molto spesso rosso, al cui approvvigionamento contribuisco anche io, ovviamente, con elargizioni varie.
Penso a lui, che solo una volta mi ha fatto incazzare, ma per poco, perché con lui non si può rimanere arrabbiati. Penso a lui, che è il buono, che vorrebbe fare, almeno un giorno della sua vita, il cattivo, per vedere l’effetto che fa. Ma non ce la farà mai. Mai nessun regista lo scritturerà per la parte di malvagio, come capitava a Jack Nicholson. Neanche se recitasse, saprebbe incutere paura.
Lo guardo sorridere, lo guardo, mentre ha l’espressione serena o seria, venata spesso da un po’ di malinconia. Penso alle volte in cui è caduto, in cui è franato, riuscendo sempre a rialzarsi, dimostrando un coraggio, che, a volte, sconfina nella temerarietà, anche se sembra uno molto timoroso, ma non lo è così tanto. Penso alla sua sensibilità, alla sua fragilità, penso alla mia, anche se sembro più forte di lui, però non è così vero. No, non è vero. Siamo uniti dalla fragilità, forse la sua si vede di più, è più evidente.
W le storie di amicizia, un po’ mi lodo.
Felicità
Questa volta non parlo di scuola. Parlo, comunque, di un insegnante. Quando lo vedo, quando lo sento al telefono, sono felice. è il mio migliore amico. La sua voce, le sue parole mi scaldano l’anima, la sua presenza è ristoro per lo spirito, anche per il corpo, viste le mangiate che ci facciamo. Ha un animo sensibile, è un artista, è uno scultore, è uno scrittore, è un saggista, è un meraviglioso insegnante di sostegno, ruolo per cui serve grande empatia. Ha sofferto molto, ha perso il padre troppo presto, sua sorella gemella troppo presto. è stato mobbizzato, durante il dottorato che ha frequentato. Si è sfasciato un ginocchio e un polso, perché é svenuto per la stanchezza e i maltrattamenti subiti. Ha una madre che lo sostiene, premurosa e meravigliosa cuoca, tra le altre cose. è ansioso, troppo ansioso. è una persona piena di ironia e autoironia, una persona gentile, pronto a dare tutto per gli altri, una persona empatica. è una persona che rende felici e sereni, è una persona profonda, con lo sguardo da buono. ed è pure fico, diciamolo.
Conserverò questi momenti di felicità, per l’inverno dell’anima. Sopravvivrò anche quest’anno? w l’ottimismo! 🙂
Meraviglia
Ho incontrato una mia ottima amica, che è stata mia alunna, con la bambina che ha appena messo al mondo. é stato bello e sorprendente vederla con il passeggino, l’avevo conosciuta sui banchi di scuola. Ho visto una bimba stupenda e una ragazza che sembra quasi la sorella maggiore e non la madre. Abbiamo pranzato insieme.
è stato bello.
A presto.
Leggetelo…
Ho letto i migliori di noi di Andrea Scanzi, edito dalla Rizzoli. si tratta di un libro agile, che si legge in scioltezza, per imitarne l’autore. è scorrevole, e questo è il primo pregio. Si respira Arezzo, questo è il secondo pregio, mentre lo si legge. è una storia di amore, amicizia, vita, cibo, piena di ironia, autoironia, sarcasmo. C’è anche l’amore per i cani. Vi innamorerete dei personaggi, da Max Bigodini a Vaiana. A me piace soprattutto Vaiana. Forza!!! Non l’avete ancora comprato? andate a comprarlo, altrimenti siete dei Nardella (aridai, sto di nuovo imitando Scanzi)
Shine on awards i miei follower mi vogliono tanto bene (e io ne voglio a loro)
Le cinque regole da seguire per partecipare allo Shine on awards:
1– Inserire il logo dell’award sul fronte del post, 2– Riportare il nome del blog che ti ha nominato, 3 – Rispondere alle domande su noi stessi, 4 – Nominare altri 15 blogger per lo Shine on award, notificandone i link per i rispettivi blog, 5 – Far sapere ai blogger designati che hai pensato a loro per la nomination.
beh, innanzitutto grazie mille a Francesca
1) http://tersiteblog.wordpress.com/ sensibilità e simpatia
che nomino tra i i migliori blog:
poi:
2) http://ialeene.wordpress.com/ il carattere e la sensibilità
3) http://nichirenelena.wordpress.com/ simpatia e dolcezza
4) http://rckhsl.com/
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Ed ecco le sette domande…
1) Perché hai iniziato questo blog? Perché ho sempre sognato di fare il prof. risposta un po banale
2) Qual è la cosa più importante della tua vita? ne scrivo tre: mangiare, leggere e fare sport
3) Il cibo di cui non puoi fare a meno. Cioccolata. Senza cioccolata non è vita.
4) Il tuo posto del cuore. Cesenatico
5) Come ti vedi nei prossimi 10 anni? Romperò gli specchi
6) Tre delle cose senza le quali non esci mai di casa. chiavi di casa, della macchina, un giornale/libro
7) Una citazione che ti caratterizza. cipputi, poteva andar peggio. Cipputi (con l’ombrello nel sedere) “No”(Altan)