Le giornate passano lentissime, senza scuola e palestra. Mi sembra un incubo.
Scuola
la lunga traversata nel deserto
mi sono rotto un polso e ne avrò per 30 giorni. Senza scuola e senza palestra. Sarà dura, lo so. Sono un debole, lo so. faccio fatica a scrivere e a dormire. spero che la scrittura sia un faro che mi aiuti a cercare i miei cocci, magari anche un microscopio, che mi aiuti a cercare quelli più piccoli. faccio fatica a scrivere queste righe, per via dell’ingessatura. non riesco a dormire, per via del dolore fisico e psicologico. sarà dura e passerà lentamente, questo mese.
sono già passati 3 giorni da quando ho scritto il post, wow…
Continuare.. continuare
questa è la storia di una persona che ama tanto, tantissimo il proprio lavoro, con passione, forse esagerata, chissà. questa è anche la storia di una persona travolta da una tragedia, la malattia e la morte della propria madre, per un tumore. Sono passati 33 giorni, tra la diagnosi e la perdita della mamma. La mamma era, è, una donna piena di senso del dovere. votata al proprio lavoro e alla propria famiglia per tutta la vita. Lui si divide tra la scuola e la propria mamma, non mancando né l’una, né l’altra. Si impegna alla morte in tutto, stancandosi, stressandosi, ma trovando anche dei momenti di felicità. Esiste la felicità in mezzo ad un tornado? esiste la gioia in mezzo al terremoto?
Lei è una ragazza dall’aria un po’ insipida, che non ama la scuola e vuole voti altissimi senza studiare. Lui vuole che lei studi, tenuto conto dei suoi limiti. La porta fuori dall’aula durante molte delle ore di lingue. Lei è o sarebbe la sua alunna, visto che lui è un insegnante di sostegno. Lei fa un po’ di progressi, ma non è felice, non vuole studiare. Pensa che avere l’insegnante di sostegno voglia dire non fare nulla. Arriva il giorno del gruppo operativo, che si trasforma in una specie di processo per il povero prof, accusato di fare il proprio lavoro. Il povero prof si difende, con la grinta che a volte gli manca. Sta anche male però, quando va in palestra, dopo il gruppo operativo, il dolore è alleviato, ma è ancora forte. La serata passa lenta e triste, fino al momento di andare a letto. Il prof di sostegno avrebbe voglia perfino di dimettersi, non si avvicina al computer, per paura di commettere sciocchezze. Va a letto e sembra che riesca a dormire, ma alle 3 di notte si sveglia, in preda a tachicardia, dolore allo stomaco e alla testa. Dubita se andare a scuola, ma, alla fine ci va, anche perché lo aspetta il suo alunno C., buono e volenteroso. Gli vuole bene, come ad un nipote. Il prof è ferito. quando è troppo, è troppo. Non ha preso nessun permesso, anche durante la malattia della madre, pur di continuare a stare accanto agli alunni. Il prof sta scoppiando.
Iniziano le lezioni e l’energia sale, caspita se sale, anche se sale pure il mal di testa. Ma le cose cambiano, almeno un po’. I colleghi/amici sostengono, il povero prof, come pure il suo alunno C., che si da da fare ed è affettuoso.
R. è un ragazzo della stessa classe dell’alunna pigra. è un ragazzo timido, insicuro, buono, che si impegna alla morte in tutto. Viene trattato con sufficienza, a volte non troppo bene dalle compagne, anche dall’alunna pigra. Aveva preso alcune insufficienze in inglese. Il prof di sostegno si è offerto di aiutarlo e i voti sono aumentati, come la sua sicurezza, almeno un po’. Deve essere interrogato, per un’interrogazione bella complicata. Al martedì lo incontro e lavoriamo molto insieme. Gli racconto che avevo pensato di prendere un permesso per le ultime due ore del mercoledì, in cui ci sarebbe stato inglese. L’alunno è preoccupato: “ma davvero non c’é? mi piacerebbe che lei ci fosse, perché così potremmo ripassare ancora e poi la sua presenza mi da sicurezza”. Mi manda diverse mail preoccupate. Io cambio idea e lo rassicuro. Ci sarei stato alla sua interrogazione.
Arriva il giorno dopo e vado nella sua classe. Ripassiamo insieme. è bravo. “Mi farebbe piacere se lei ci fosse anche l’anno prossimo. Non si trovano sempre insegnanti così disponibili e carini.” Mi dice. Sorrido. è il momento dell’interrogazione. è bravo. gli sorrido. sono felice. Lo guardo, alzando il pollice, quando la prof gli da un bel voto. Alla fine delle lezioni, gli vado davanti, gli dico: “Complimenti! Batti un 10!”
Sono felice, come un allenatore la cui squadra vince lo scudetto. Mi tocca rimanere a scuola, mi tocca continuare ad insegnare. Per sempre? mmmh… credo proprio di sì.
Non ho voglia
Non ho voglia di scrivere, perché è un periodo di merda. Mia madre mi sta lasciando. Dormo poco. Mi salvano solo la zumba, la palestra in generale e la scuola.
Stavo pensando al primo bacio alla persona della mia vita. Bacia sempre meglio, da quando sta con me. Forse viene stimolata quella persona, dal suo ragazzo. Chissà?
a presto.
M.
Nulla di particolare, o quasi
Buona sera, non ho nulla da particolare da raccontarvi, a parte il fatto che ho tosse e raffreddore, ma mi fanno male anche le ossa. Ho preso il paracetamolo. Ho il sospetto che un mio alunno, a cui voglio un bene infinito, mi abbia attaccato qualcosa. Mannaggia a lui! (scherzo!) Non mi lamento, i problemi sono altri.
Ad esempio, le persone, ed in particolari medici et similia, che non sanno, a volte, cosa dicono. Durante una normale ablazione del tartaro, l’igienista vede una papilla gonfia, mi fa visitare anche dal dottore e lei si lascia scappare la parola “tumore”, anche se, visto il mio sguardo sbigottito e terrorizzato, dice che nel mio caso lo esclude. Mi consigliano di farmi vedere da uno specialista di patologia orale, dentista pure lui. Passo delle ore di terrore, poi mi tranquillizzo, almeno parzialmente. Vado da questo specialista, il quale mi dice che la papilla foliata è gonfia per una banale infiammazione alla gola e si stupisce che l’altro dentista non se ne sia accorto. Mi passa la paura.
Nel ritorno a casa, rimango bloccato per un’ora e mezzo nel traffico. Una persona anziana ha avuto un malore ed è andato addosso ad un’altra macchina. Ci sono ambulanze, polizia e pompieri. Non mi lamento. Ma penso.
Penso che un medico dovrebbe rendersi conto che di fronte a sé, non ha solo cuore, stomaco, fegato, pancia, ossa e polmoni, ma una persona. Penso che la mia vita si lega alla parola, come traduttore e come insegnante., alla ricerca della parola giusta, ma che mi trovo troppo spesso accanto a chi usa le parole sbagliate, che fanno male come e più di spade.
Penso che vorrei fare l’amore con la persona con cui ho una relazione. Non c’entra nulla, lo so. Ma sono innamorato e mi piace ricordarlo. W l’amore.
La storia continua
Tempo fa pensavo di non essere adatto a fare l’insegnante di sostegno. Pensavo che fosse troppo difficile. Sicuramente lo è, ma…
è passata una settimana, da quando ho insegnato zumba a quei fanciulli. Oggi torno nella stessa aula, dovevo stare con K., una ragazzina che non parla quasi per niente, che ha imparato a camminare due anni fa, nonostante abbia già quindici anni. Ha gravi difficoltà con la lingua, cognitive e di equilibrio. La settimana scorsa aveva partecipato anche lei alla lezione di zumba. e gli occhi le brillavano.
Ad un certo punto si avvicina al computer, mette su Youtube, dove avevo cercato le canzoni la settimana prima e mi dice “zumba!” Potevo dirle di no? In aula c’erano anche degli altri insegnanti. La musica parte e lei è felice, “agevola” anche il ballo di M, un ragazzino sulla sedia a rotelle, il quale è felicissimo. Anche le altre insegnanti sono felici, anche io.
M.
P.S. Per una volta voglio godermi questa felicità, senza consumare il tempo in elucubrazioni che assomigliano a seghe mentali senza ritorno.
Scrigno
PREAMBOLO
Dentro di noi abbiamo uno scrigno segreto, a volte. Contiene le cose che sappiamo fare, contiene le nostre ricchezze, che non sappiamo di avere. Arriva qualcuno, un giorno, che ci aiuta a trovarle. E qualcosa cambia.
SODDISFAZIONI.
Dei miei colleghi insegnanti di sostegno mi chiamano in una mia ora libera in un’aula dove stanno lavorando con dei ragazzi e mi chiedono di insegnare qualcosa di zumba. Io sono in giacca e cravatta, non proprio una tenuta zumba wear. Mi tolgo la giacca e incomincio, la app zinplay l’ho, spotify pure, Non ho paura di niente. Scelgo le canzoni coreografate dal mio amico presenter internazione di zumba e succede qualcosa di notevole. Ks. è una ragazzina con forti problemi di movimento ed equilibrio. Non ha quasi la parola. Balla e le ridono gli occhi. J. è un ragazzo che non ha quasi la parola e non ama muoversi. Balla e gli ridono gli occhi. A. è su una sedia a rotelle e ha problemi alle mani. Balla, ride ed è entusiasta. E non sono i soli. Le insegnanti di sostegno sono stupite e divertite. Arrivano la seconda canzone, la terza, la quarta, I minuti passano e il mio sudore aumenta. J. mi viene ad abbracciare. è un ragazzone grande e grosso, è felicissimo. Io mi rendo conto a fatica di quello che è successo. Quello che doveva essere un esperimento diventa una lezione di circa 40 minuti di zumba in cui dei ragazzi si sono divertiti da pazzi e hanno tratto giovamento, in cui io mi sono divertito un mondo, ma anche le mie colleghe,.
Quasi finito
Siamo quasi al 29 dicembre e l’ho forse scampata bella. Questo è il secondo anno senza finire all’ospedale, anche se ho dovuto pagare un ticket di 97 euro per l’ultima volta in cui ci sono stato, per colpa di una persona che mi ha maltrattato, tanto maltrattato, nel 2020. L’ho pagato proprio nei giorni del super guaio, quello di settembre, un mese di merda, proprio di merda. è stato un anno buono, il pezzo di anno scolastico fino a giugno è andato bene. L’estate è filata liscia fino ad agosto, poi, lasciamo perdere. C’è stata la tristezza, la disperazione, ci sono state le notti insonni e la paura di non farcela. C’è stata la mia lotta disperata, strenua ed imperterrita.
Ho ripreso e sono ridiventato, dopo 5 anni, insegnante di sostegno, nella stessa scuola di 10 anni fa. Ho tre alunni, di cui S., una ragazza che non vede. Faceva fatica, tanta fatica a camminare, quando l’ho conosciuta. Fino a pochi giorni fa, prima delle festività natalizie, faceva le scale da sola e io le ho pure insegnato una coreografia di zumba. Ho scoperto di sapere fare qualcosa, probabilmente bene. Forse. C’è stata la palestra, che mi ha dato e mi continua a dare tantissimo. Ci sono stati i libri. E c’è stata la persona che amo, che mi ha preso il cuore e fa benissimo l’amore, che non guasta mai.
Buon Anno!
Tutto bene, proprio bene
E TUTTO IL RESTO PASSA IN SECONDO ORDINE
Mi hanno pagato il primo stipendio a scuola dopo due mesi dall’inizio del servizio e oggi ho ricevuto un sontuoso bonifico da 62 euro e spiccioli per degli arretrati (sembra la paghetta dei genitori agli adolescenti). Vado a scuola e mi chiedono di occuparmi per un po’ di un ragazzino, M. Lui non parla ed è su una sedia a rotelle. Ha anche altri problemi fisici. Mi metto a sedere davanti a lui, gli parlo un po’. Lui mi sorride, dopo qualche minuto mi prende la mano e la bacia. E TUTTI I PROBLEMI SVANISCONO.
Passo e chiudo.
10 anni e 4 giorni (da quella telefonata)
Quest’anno sono tornato, quasi per caso, nella scuola in cui ero all’inizio della scrittura di questo blog. Sono passati 10 anni, 10 anni in cui ho imparato qualcosa, in cui sono diventato un po’ meno fesso, ma solo un po’, in cui mi è rimasto l’entusiasmo, la stessa percentuale di ingenuità, che, come diceva V.R., “rinfresca i sensi”. Avevo rimosso dalla mia mente il grande parcheggio, dove lasciavo sempre la mai auto. Forse perché ora ci sono i moduli prefabbricati, a causa della pandemia. Ora il grande parcheggio è il luogo dove attendo e porto due dei miei tre alunni al pullmino, che li riporta a casa. Rimango accanto allo stesso albero, quasi sempre, tranne quando piove, anche quando fa freddo. Aspetto e rifletto. A volte aspetto per un po’ di tempo, anche un quarto d’ora. A volte arriva il pullman vuoto, a volte arriva S. S. non vede, scende dal pullman aiutata da una delle due ragazze a bordo. Chiede il bastone, che io le preparo. Iniziamo a camminare, ci sono due dislivelli nel terreno, c’è un gradino, prima di entrare nella scuola. Lei cerca e trova la maniglia della porta.
Da un po’ di tempo cammina da sola, con il solo aiuto del bastone, quando è all’interno della scuola. Mi sembra che cammini meglio di quando la tenevo io, forse le trasmettevo ansia. Cammina piano, ma la sicurezza le aumenta progressivamente. è una mia vittoria, ma, prima di tutto, è una sua vittoria. Sono felice.
M.