Letteratura

un’altra tacca

Ho fatto due ore di zumba online, con movimenti limitati, meglio che niente. Oggi ha piovuto e tanto. Un altro giorno è passato. Oggi è il 10. Siamo in doppia cifra. Coraggio pure.

La ginestra di Giacomo Leopardi

Καὶ ἠγάπησαν οἱ ἄνθρωποι µᾶλλον τὸ σκότος ἢ τὸ φῶς
E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce.
Giovanni, III, 19

Qui sull’arida schiena                                1
del formidabil monte
sterminator Vesevo,
la qual null’altro allegra arbor né fiore,
tuoi cespi solitari intorno spargi,                        5
odorata ginestra,
contenta dei deserti. Anco ti vidi
de’ tuoi steli abbellir l’erme contrade
che cingon la cittade
la qual fu donna de’ mortali un tempo,               10
e del perduto impero
par che col grave e taciturno aspetto
faccian fede e ricordo al passeggero.
Or ti riveggo in questo suol, di tristi
lochi e dal mondo abbandonati amante,              15
e d’afflitte fortune ognor compagna.
Questi campi cosparsi
di ceneri infeconde, e ricoperti
dell’impietrata lava,
che sotto i passi al peregrin risona;                    20
dove s’annida e si contorce al sole
la serpe, e dove al noto
cavernoso covil torna il coniglio;
fur liete ville e colti,
e biondeggiàr di spiche, e risonaro                     25
di muggito d’armenti;
fur giardini e palagi,
agli ozi de’ potenti
gradito ospizio; e fur città famose
che coi torrenti suoi l’altero monte                     30
dall’ignea bocca fulminando oppresse
con gli abitanti insieme. Or tutto intorno
una ruina involve,
dove tu siedi, o fior gentile, e quasi
i danni altrui commiserando, al cielo                    35
di dolcissimo odor mandi un profumo,
che il deserto consola. A queste piagge
venga colui che d’esaltar con lode
il nostro stato ha in uso, e vegga quanto
è il gener nostro in cura                            40
all’amante natura. E la possanza
qui con giusta misura
anco estimar potrà dell’uman seme,
cui la dura nutrice, ov’ei men teme,
con lieve moto in un momento annulla                 45
in parte, e può con moti
poco men lievi ancor subitamente
annichilare in tutto.
Dipinte in queste rive
son dell’umana gente                                50
le magnifiche sorti e progressive.

Qui mira e qui ti specchia,
secol superbo e sciocco,
che il calle insino allora
dal risorto pensier segnato innanti                     55
abbandonasti, e volti addietro i passi,
del ritornar ti vanti,
e procedere il chiami.
Al tuo pargoleggiar gl’ingegni tutti,
di cui lor sorte rea padre ti fece                        60
vanno adulando, ancora
ch’a ludibrio talora
t’abbian fra se. Non io
con tal vergogna scenderò sotterra;
ma il disprezzo piuttosto che si serra                 65
di te nel petto mio,
mostrato avrò quanto si possa aperto:
ben ch’io sappia che obblio
preme chi troppo all’età propria increbbe.
Di questo mal, che teco                            70
mi fia comune, assai finor mi rido.
Libertà vai sognando, e servo a un tempo
vuoi di nuovo il pensiero,
sol per cui risorgemmo
della barbarie in parte, e per cui solo                   75
si cresce in civiltà, che sola in meglio
guida i pubblici fati.
Così ti spiacque il vero
dell’aspra sorte e del depresso loco
che natura ci diè. Per questo il tergo                   80
vigliaccamente rivolgesti al lume
che il fe palese: e, fuggitivo, appelli
vil chi lui segue, e solo
magnanimo colui
che se schernendo o gli altri, astuto o folle,         85
fin sopra gli astri il mortal grado estolle.

Uom di povero stato e membra inferme
che sia dell’alma generoso ed alto,
non chiama se nè stima
ricco d’or nè gagliardo,                                90
e di splendida vita o di valente
persona infra la gente
non fa risibil mostra,
ma se di forza e di tesor mendico
lascia parer senza vergogna, e noma                   95
parlando, apertamente, e di sue cose
fa stima al vero uguale.
Magnanimo animale
non credo io già, ma stolto,
quel che nato a perir, nutrito in pene,                  100
dice, a goder son fatto,
e di fetido orgoglio
empie le carte, eccelsi fati e nove
felicità, quali il ciel tutto ignora,
non pur quest’orbe, promettendo in terra       105
a popoli che un’onda
di mar commosso, un fiato
d’aura maligna, un sotterraneo crollo
distrugge sì che avanza
a gran pena di lor la rimembranza.                        110
Nobil natura è quella
che a sollevar s’ardisce
gli occhi mortali incontra
al comun fato, e che con franca lingua,
nulla al ver detraendo,                                115
confessa il mal che ci fu dato in sorte,
e il basso stato e frale;
quella che grande e forte
mostra se nel soffrir, nè gli odii e l’ire
fraterne, ancor più gravi                            120
d’ogni altro danno accresce
alle miserie sue, l’uomo incolpando
del suo dolor, ma dà la colpa a quella
Che veramente è rea, che de’ mortali
Madre è di parto e di voler matrigna.
Costei chiama inimica; e incontro a questa             125
congiunta esser pensando,
siccome è il vero, ed ordinata in pria
l’umana compagnia
tutti fra se confederati estima                            130
gli uomini, e tutti abbraccia
con vero amor, porgendo
valida e pronta ed aspettando aita
negli alterni perigli e nelle angosce
della guerra comune. Ed alle offese                      135
dell’uomo armar la destra, e laccio porre
al vicino ed inciampo,
stolto crede così, qual fora in campo
cinto d’oste contraria, in sul più vivo
incalzar degli assalti,                                140
gl’inimici obbliando, acerbe gare
imprender con gli amici,
e sparger fuga e fulminar col brando
infra i propri guerrieri.
Così fatti pensieri                                145
quando fien, come fur, palesi al volgo,
e quell’orror che primo
contro l’empia natura
strinse i mortali in social catena,
fia ricondotto in parte                                150
da verace saper, l’onesto e il retto
conversar cittadino,
e giustizia e pietade, altra radice
avranno allor che non superbe fole,
ove fondata probità del volgo                            155
così star suole in piede
quale star può quel ch’ha in error la sede.

Sovente in queste rive,
che, desolate, a bruno
veste il flutto indurato, e par che ondeggi,            160
seggo la notte; e sulla mesta landa
in purissimo azzurro
veggo dall’alto fiammeggiar le stelle,
cui di lontan fa specchio
il mare, e tutto di scintille in giro                        165
per lo vòto seren brillare il mondo.
E poi che gli occhi a quelle luci appunto,
ch’a lor sembrano un punto,
e sono immense, in guisa
che un punto a petto a lor son terra e mare          170
veracemente; a cui
l’uomo non pur, ma questo
globo ove l’uomo è nulla,
sconosciuto è del tutto; e quando miro
quegli ancor più senza alcun fin remoti                  175
nodi quasi di stelle,
ch’a noi paion qual nebbia, a cui non l’uomo
e non la terra sol, ma tutte in uno,
del numero infinite e della mole,
con l’aureo sole insiem, le nostre stelle                 180
o sono ignote, o così paion come
essi alla terra, un punto
di luce nebulosa; al pensier mio
che sembri allora, o prole
dell’uomo? E rimembrando                            185
il tuo stato quaggiù, di cui fa segno
il suol ch’io premo; e poi dall’altra parte,
che te signora e fine
credi tu data al Tutto, e quante volte
favoleggiar ti piacque, in questo oscuro                190
granel di sabbia, il qual di terra ha nome,
per tua cagion, dell’universe cose
scender gli autori, e conversar sovente
co’ tuoi piacevolmente, e che i derisi
sogni rinnovellando, ai saggi insulta                     195
fin la presente età, che in conoscenza
ed in civil costume
sembra tutte avanzar; qual moto allora,
mortal prole infelice, o qual pensiero
verso te finalmente il cor m’assale?                     200
Non so se il riso o la pietà prevale.

Come d’arbor cadendo un picciol pomo,
cui là nel tardo autunno
maturità senz’altra forza atterra,
d’un popol di formiche i dolci alberghi,                 205
cavati in molle gleba
con gran lavoro, e l’opre
e le ricchezze che adunate a prova
con lungo affaticar l’assidua gente
avea provvidamente al tempo estivo,                  210
schiaccia, diserta e copre
in un punto; così d’alto piombando,
dall’utero tonante
scagliata al ciel profondo,
di ceneri e di pomici e di sassi                            215
notte e ruina, infusa
di bollenti ruscelli,
o pel montano fianco
furiosa tra l’erba
di liquefatti massi                                220
e di metalli e d’infocata arena
scendendo immensa piena,
le cittadi che il mar là sull’estremo
lido aspergea, confuse
e infranse e ricoperse                                225
in pochi istanti: onde su quelle or pasce
la capra, e città nove
sorgon dall’altra banda, a cui sgabello
son le sepolte, e le prostrate mura
l’arduo monte al suo piè quasi calpesta.              230
Non ha natura al seme
dell’uom più stima o cura
che alla formica: e se più rara in quello
che nell’altra è la strage,
non avvien ciò d’altronde                            235
fuor che l’uom sue prosapie ha men feconde.

Ben mille ed ottocento
anni varcàr poi che spariro, oppressi
dall’ignea forza, i popolati seggi,
e il villanello intento                                240
ai vigneti, che a stento in questi campi
nutre la morta zolla e incenerita,
ancor leva lo sguardo
sospettoso alla vetta
fatal, che nulla mai fatta più mite                     245
ancor siede tremenda, ancor minaccia
a lui strage ed ai figli ed agli averi
lor poverelli. E spesso
il meschino in sul tetto
dell’ostel villereccio, alla vagante                       250
aura giacendo tutta notte insonne,
e balzando più volte, esplora il corso
del temuto bollor, che si riversa
dall’inesausto grembo
sull’arenoso dorso, a cui riluce                          255
di Capri la marina
e di Napoli il porto e Mergellina.
E se appressar lo vede, o se nel cupo
del domestico pozzo ode mai l’acqua
fervendo gorgogliar, desta i figliuoli,                    260
desta la moglie in fretta, e via, con quanto
di lor cose rapir posson, fuggendo,
vede lontan l’usato
suo nido, e il picciol campo,
che gli fu dalla fame unico schermo,                     265
preda al flutto rovente,
che crepitando giunge, e inesorato
durabilmente sovra quei si spiega.
Torna al celeste raggio
dopo l’antica obblivion l’estinta                        270
Pompei, come sepolto
scheletro, cui di terra
avarizia o pietà rende all’aperto;
e dal deserto foro
diritto infra le file                                275
dei mozzi colonnati il peregrino
lunge contempla il bipartito giogo
e la cresta fumante,
che alla sparsa ruina ancor minaccia.
E nell’orror della secreta notte                       280
per li vacui teatri,
per li templi deformi e per le rotte
case, ove i parti il pipistrello asconde,
come sinistra face
che per voti palagi atra s’aggiri,                     285
corre il baglior della funerea lava,
che di lontan per l’ombre
rosseggia e i lochi intorno intorno tinge.
Così, dell’uomo ignara e dell’etadi
ch’ei chiama antiche, e del seguir che fanno         290
dopo gli avi i nepoti,
sta natura ognor verde, anzi procede
per sì lungo cammino
che sembra star. Caggiono i regni intanto,
passan genti e linguaggi: ella nol vede:               295
e l’uom d’eternità s’arroga il vanto.

E tu, lenta ginestra,
che di selve odorate
queste campagne dispogliate adorni,
anche tu presto alla crudel possanza                 300
soccomberai del sotterraneo foco,
che ritornando al loco
già noto, stenderà l’avaro lembo
su tue molli foreste. E piegherai
sotto il fascio mortal non renitente                      305
il tuo capo innocente:
ma non piegato insino allora indarno
codardamente supplicando innanzi
al futuro oppressor; ma non eretto
con forsennato orgoglio inver le stelle,                310
nè sul deserto, dove
e la sede e i natali
non per voler ma per fortuna avesti;
ma più saggia, ma tanto
meno inferma dell’uom, quanto le frali                315
tue stirpi non credesti
o dal fato o da te fatte immortali.

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Leggere più e scrivere meno

IN ITALIA SI SCRIVE TROPPO E SI LEGGE POCO

Obiettivo che non raggiungerò mai abbastanza: leggere di più e scrivere meno, Non sono Saramago o Camilleri, si può stare anche senza quello che scrivo. Non sono indispensabile e non ho mai pensato di esserlo. è meglio che legga, per perfezionarmi nella scrittura, oppure per fare qualcosa di produttivo. quando leggo mi rilasso, mi sembra di essere in un’altra dimensione. Ho sempre adorato leggere, fin da quando mi facevo leggere le fiabe di Richard Scarry, dalla grande amica di mia nonna. Una volta imparato a leggere, le avrei lette io a lei. Sono state le mie prime letture. Mi rilasso un po’ anche quando scrivo. Boh, adesso vado a leggere.

A presto.

:

Resumé

Non conoscevo questa poesia, conoscevo poco Dorothy Parker. Ho letto un bel articolo sul Fatto Quotidiano di ieri. A volte leggere il giornale serve. a volte leggere di qualcosa che non c’entra con la politica, è piacevole. Mi piace l’ironia di questa poesia.

Razors pain you;

Rivers are damp;

Acids stain you;

And drugs cause cramp.

Guns aren’t lawful;

Nooses give;

Gas smells awful;

You might as well live.

«I rasoi fanno male; i fiumi sono umidi;
l’acido macchia; i farmaci danno i crampi.
Le pistole sono illegali; i cappi cedono;
il gas ha un odore terribile. Tanto vale vivere…»

Sentimenti tra Russia e Ucraina

https://contropiano.org/news/internazionale-news/2022/02/27/anne-morelli-sulla-propaganda-di-guerra-in-ucraina-0146971

Per l’esame di quinta elementare scelsi di fare la ricerca, tra i paesi europei, sull’Urss. Un professore di italiano eccellente mi fece scoprire la bellezza di Dostoevskij. Lessi l’idiota, i fratelli Karamazov, le notti bianche,…

Ho visitato molte volte la Russia, ma anche l’Ucraina. Capisco l’ucraino, ma non lo parlo. Sono laureato in russo e amante della cultura russa. Sono stato in Ucraina dieci anni fa e ho sempre parlato russo, tutti mi hanno risposto in russo, tranne due persone. Sono due paesi di culture vicine, che hanno tanto, troppo in comune. Da 8 anni i popoli delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk vengono massacrati dai “gentiluomini” che sono al governo ucraino. Ho amici che abitano in quelle repubbliche, anche. Dopo 8 anni di massacri, Putin decide di intervenire in massa, ovviamente il primo motivo è scongiurare l’entrata dell’Ucraina nella Nato, per non trovarsi missili sotto casa. Ricordiamo che i gentiluomini al governo ucraino sono spalleggiati dalle squadracce naziste del battaglione Azov e Praviy Sektor.

La guerra è sempre morte e distruzione, ma i media e i principali partiti italiani si scordano volutamente della tragedia del Donbass e considerano solo il popolo ucraino, unicamente per colpire il governo russo, non asservito all’occidente. Non sono un sostenitore di Putin, ci tengo a ribadirlo. Che schifo la guerra. W il mondo slavo!

Leggetevi anche questo articolo, va…

https://contropiano.org/news/internazionale-news/2022/02/27/il-separatismo-in-ucraina-e-la-mina-bolscevica-di-putin-0146985

Segnalazione

https://www.lacacciatricedistoriedinchiostro.com/search/label/%22Storia%20di%20una%20suora%20inquietante%20e%20di%20un%20professore%22?zx=e91ac7aaa1792202

Segnalo questa bella intervista di Daisy Raisi. Intervista un autore sul proprio romanzo, Storia di una suora inquietante e di un professore.

M.

non ho più voglia di uscire

Da quando c’è stato il confinamento più stretto, non ho più voglia di uscire, neanche adesso che un po’ ci si può muovere. Vado a fare la spesa vicino a casa e a vuotare il pattume. Ho trascorso due pomeriggi, ieri e oggi, a casa, fino al momento delle lezioni on line di zumba. La sera sono stato a casa, ovviamente, ordinando cibo a casa.

Diventerò Oblomov?

Bellezza

Lido degli Scacchi 1 settembre 2017Solo

Solo contemplare l’onda:/

senza invocare transito/

o cibo: ospitarla/

nella mente, senza frutto,

senza tentare alcuna costa,

né alcuna schiuma

frangere.

Non più strumento: leggere il mare.

(Pietro Ingrao, L’alta febbre del fare, Mondadori)

Questa foto l’ho scattata io, era il 1 settembre del 2017. L’ho scattata con un cellulare Samsung e me ne sono innamorato.

Buon Primo Maggio (i bambini mi curano l’anima – cit.)

Da un po’ di settimane ho accettato un incarico di tedesco, presso la sezione ospedaliera della scuola in cui lavoro. Avevo delle perplessità, avevo paura di non sapere reggere i segni della malattia sul corpo degli alunni. La prima volta mi sono presentato in questo ospedale, con timore reverenziale. Sono stato messo a mio agio da una collega piena di saggezza e gentilezza. Ho conosciuto un ragazzo, il mio alunno, che mette serenità. è allegro e non si lamenta mai. è positivo. Da quando l’ho conosciuto vado in quel luogo con gioia. è un luogo immerso nel verde, sulle prime colline nei pressi dell’uscita autostradale. C’è silenzio, sole e verde. E io mi sento quasi in vacanza, mi sembra di essere andato ad una scampagnata. Ma l’aspetto più importante è questo ragazzo, la sua presenza e la sua positività mi rigenerano. Lui mi sta curando l’anima e nemmeno lo sa. Mi scordo di essere in un ospedale, quando sono lì. è un luogo ben collocato, ad un piano in cui non ci sono ambulatori o reparti, per permettere ai pazienti di staccare un po’ dalla solita vita. Sono felice di lavorare lì e vorrei tornarci tutti i giorni. Mai avrei pensato di essere felice andando in ospedale, anche se, in realtà, io sto andando a scuola.

Buon Primo Maggio, auguri soprattutto a chi non ha un lavoro, a chi ha un lavoro che non lo soddisfa, vi auguro la mia felicità. Buona Festa dei Lavoratori, il mio secondo Natale ateo, dopo il 25 Aprile. Un abbraccio.

M.