Stamattina sono tornato a scuola con un sonno boia, dopo quasi 10 giorni. alla prima ora ho incontrato S. Lei è una ragazza bella, con i capelli lisci neri, alta, sorridente e intelligente. Era stata sorridente. Da un po’ di tempo il suo sorriso si è spento. Oggi mi ha raccontato i suoi problemi, piangeva. Mi ha detto che le pesa avere voti più bassi in tedesco, mi ha detto che stava veramente male, qualche settimana fa, quando era stata assente alla verifica. Le ho detto che lei non è il suo voto, le ho detto che mi interessa prima di tutto il suo benessere emotivo, che le darò modo di fare la verifica, quando sarà più serena, le ho detto che ha fatto bene a parlare, che è il primo passo per cambiare. Le ho detto che ci sono e ci sarò, tutte le volte che vorrà parlarmi, che vorrà confidarsi. Mi ha chiesto se poteva abbracciarmi. Le ho detto di sì. Ci siamo stretti. E io mi sono emozionato. Forse avevo bisogno quanto lei di quell’abbraccio. Come quella volta, qualche anno fa, nel paesino della bassa, alla fine di quel funerale, quando io non stavo bene e abbracciai la mamma della mia alunna, la quale disse: “avremo bisogno di questi abbracci”. Anche io ne ho bisogno.