Month: aprile 2022

Un po’ di felicità, oppure qualcosa in più?

Dopo due anni di sosta, ho potuto ricominciare a festeggiare il 25 Aprile in una festa pubblica, su un grande prato, in una casa di campagna appartenuta ad una famiglia contadina, di cui i fascisti hanno ammazzato 7 fratelli. Eravamo tanti, eravamo tantissimi. Ho impiegato oltre 20 minuti, per arrivare dal punto in cui avevo parcheggiato l’auto alla casa. Ho mangiato e bevuto, visitato il museo, cantato Fischia il Vento e Bella Ciao, ma non solo. Ho anche un po’ ballato. Ma non solo.

Ho avuto la sensazione di non essere solo. Ho avuto una sensazione di consolazione, di sollievo, anche se i problemi della sinistra e della politica in generale sono enormi. Non li sto ad enumerare tutti. Ne cito uno: c’è gente, anche di sinistra, che pensa che i nazisti del battaglione azov facciano parte della “resistenza” ucraina. Mamma mia. Sono certo che in mezzo a tutta quella gente ci sia anche gente simile a me, forse dei fratelli, forse dei cugini o qualcosa di simile. Mi sono sentito sollevato, in mezzo a quel mare di gente, che ha a cuore le ragioni dell’antifascismo. Mi sono sentito consolato, come la prima volta che ero andato a quella celebrazione, nel 2007.

Erano anni non semplici, di molti dolori e qualche gioia. Mi fece bene andare lì, mi sentii rigenerato e a casa, dopo che la mia collezione di libri sulla Resistenza era stata devastata dai miei genitori. Me ne avevano donati un sacco, quando ero andato ad iscrivermi all’Anpi, come antifascista. Ne avevo letti molti. Avevo 18 anni, quel giorno. La sede era in pieno centro. La signora che era in sede quel giorno fu, ovviamente, felicissima per quella mia scelta. Mi disse, sorridendo: “18 anni, ma tu sei un cucciolo!” Mi rimandò a casa con due borse piene di libri, io ero orgoglioso. Per anni li ho conservati orgogliosamente, protetto e sostenuto da mia nonna. Poi mia nonna se ne è andata e la vendetta di mia madre, che è sempre stata gelosa di mia nonna si è scatenata. Da notare che mia madre si proclama di sinistra. (Vota pd…) Mio padre era fascista, molto a chiacchiere, ma quando si trattò di buttare via un sacco di miei libri, lo divenne anche nei fatti. Mentre ero a lavorare, vendevo condizionatori all’epoca, entrarono in casa. Fecero strage e rovina. Non riuscii a dormire per giorni. Fu un trauma, dal quale iniziai a recuperare, anche andando in quella casa di campagna. D’altra parte, una ventina di anni fa mia madre mi disse, una volta, mentre eravamo in auto insieme e io guidavo. “Devi essere grato a papà, perché ti ha permesso di avere le tue idee”. E lei si professa di sinistra. Mah. A presto.

M.

P.S. Sono ancora iscritto all’ANPI

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Resumé

Non conoscevo questa poesia, conoscevo poco Dorothy Parker. Ho letto un bel articolo sul Fatto Quotidiano di ieri. A volte leggere il giornale serve. a volte leggere di qualcosa che non c’entra con la politica, è piacevole. Mi piace l’ironia di questa poesia.

Razors pain you;

Rivers are damp;

Acids stain you;

And drugs cause cramp.

Guns aren’t lawful;

Nooses give;

Gas smells awful;

You might as well live.

«I rasoi fanno male; i fiumi sono umidi;
l’acido macchia; i farmaci danno i crampi.
Le pistole sono illegali; i cappi cedono;
il gas ha un odore terribile. Tanto vale vivere…»

Buon 25 Aprile! Il fascismo è una montagna di merda! sempre!

Mio nonno era un mangione. Non andò in guerra, perché era un operaio specializzato. In casa, con mia nonna ospitavano renitenti alla leva, partigiani. Con quello che davano con la tessera annonaria mia nonna ci mangiava, non aveva appetito, non aveva mai avuto appetito. Mia madre era piccola, aveva fame. Mio nonno andava a cercare cibo, anche in campagna, da contadini ai quali, in cambio, faceva riparazioni idrauliche. Diceva: meglio morire per una schioppettata, piuttosto che morire di fame. I fascisti facevano morire di fame la popolazione e tenevano per loro stessi il cibo, che rivendevano alla borsa nera a prezzi pazzeschi. A volte i partigiani davano l’assalto ai depositi in cui i fascisti tenevano il cibo e lo distribuivano alla popolazione.

Mio nonno stava andando verso Marzabotto, quando, sulla strada del ritorno, incontrò persone che gli dissero di cambiare strada, dicendogli che i nazisti stavano ammazzando tutti. Tornò a casa mio nonno e lo raccontò con voce impaurita a mia nonna, la quale gli disse di parlare piano, visto che avrebbero potuto sentirli i vicini.

Questo è il fascismo. L’antifascismo mi è stato trasmesso dai miei nonni, è quello che mi fa inorridire quando vedo i banchetti di fratelli di italia, quello che mi fa inorridire quando vedo banchetti di forza nuova, quando vedo ingiustizie.

Bisogno di abbracci

Stamattina sono tornato a scuola con un sonno boia, dopo quasi 10 giorni. alla prima ora ho incontrato S. Lei è una ragazza bella, con i capelli lisci neri, alta, sorridente e intelligente. Era stata sorridente. Da un po’ di tempo il suo sorriso si è spento. Oggi mi ha raccontato i suoi problemi, piangeva. Mi ha detto che le pesa avere voti più bassi in tedesco, mi ha detto che stava veramente male, qualche settimana fa, quando era stata assente alla verifica. Le ho detto che lei non è il suo voto, le ho detto che mi interessa prima di tutto il suo benessere emotivo, che le darò modo di fare la verifica, quando sarà più serena, le ho detto che ha fatto bene a parlare, che è il primo passo per cambiare. Le ho detto che ci sono e ci sarò, tutte le volte che vorrà parlarmi, che vorrà confidarsi. Mi ha chiesto se poteva abbracciarmi. Le ho detto di sì. Ci siamo stretti. E io mi sono emozionato. Forse avevo bisogno quanto lei di quell’abbraccio. Come quella volta, qualche anno fa, nel paesino della bassa, alla fine di quel funerale, quando io non stavo bene e abbracciai la mamma della mia alunna, la quale disse: “avremo bisogno di questi abbracci”. Anche io ne ho bisogno.

Fiori e dolori

INCERTO LOTTATORE CONTRO L’INSICUREZZA

4 anni fa ero stato nella stessa scuola. Era stato un anno bello, di gioie a scuola e qualche sofferenza di salute. All’inizio dell’anno mi viene proposto un corso collettivo di russo, al pomeriggio. Era necessario un numero minimo di 15 persone, quando lo seppi persi ogni speranza, ma ero già contento della proposta del preside. Fu così che si iscrissero più di 20 persone, di cui molti erano già miei alunni della mattina. Molti mi avevano detto che si sarebbero iscritti solo per la mia presenza. Che grande orgoglio, che grande responsabilità per me. Mi sento come una fogliolina al vento, mi sento piccolo come un granello di sabbia. C’è qualcuno che mi vede come un esempio, qualcuno che mi vede addirittura come un mito, come quella ragazza bella con i capelli ricci, la cui madre mi ringraziò per quello che facevo per i ragazzi. Il preside mi ferma per i corridoi. Vuole farmi i complimenti per i risultati del corso di russo. Mi dice: “Si comunica quello che si è”.

Sono insicuro, la mia insicurezza supera, a volte, il livello di guardia, come quando non riuscivo a saltare 45 centimetri a piedi uniti, quella volta con la personal trainer. Era solo una questione mentale, solo un fantasma che mi portavo dentro. E poi ho scacciato quei fantasmi, anche grazie alla mia meravigliosa pt, che mi ha permesso di riacquistare una forma più che decente, dopo che mi stavo ovalizzando, oltre che stima nelle mie capacità.

Ogni tanto mi fa quasi paura godere di questa stima, godere di questo affetto, essere visto come un modello. Non so se ho le spalle così robuste, ma mi fa tanto tanto piacere.

Tra due giorni avrò la prova scritta del concorso per la scuola. Non ho studiato nulla, non penso che supererò l’esame. Stavo quasi pensando di non presentarmi nemmeno. Poi ho pensato che devo andare. Lo devo ai ragazzi, lo devo ai genitori che ho incontrato nel corso degli anni. Lo devo alle persone che hanno avuto e hanno fiducia, stima e affetto per me, come mia nonna, che è e sarà sempre una delle mie più grandi tifose. Lo devo a me stesso, di ora e di ieri, che poi sono la stessa persona. E poi vada come vada, anche se non mi piace l’idea di sostenere prove scritte e magari prove orali. Avrei voluto andarci preparato, ma non ho avuto né il tempo, né la voglia di farlo. Ho altri interessi, tanto altro da fare. Una volta studiavo sempre, prima dei compiti in classe e delle interrogazioni. Vada come vada.

Buona vita.

M.

Volevo scrivere qualcosa di importante

Anzi no, non è vero. Volevo scrivere qualcosa di consueto e normale, forse un po’ banale. Volevo scrivere di gite e viaggi, della soddisfazione che ho provato a ritrovare la strada dove alloggiavo, senza il navigatore, all’interno di una grande città, non la mia. Volevo scrivere della bellezza di andare a zonzo a caso e poi di entrare in un museo, che anche tuo padre ha contribuito a fondare. E tu non lo sapevi, o avevi scordato. Volevo scrivere della sensazione che si prova viaggiando, quella di essere spiazzati, piacevolmente disorientati, trasportati in un mondo “altro”, dove tu ricerchi, tra gli altri luoghi, sempre la stessa piazza, una delle più belle del mondo. Volevo scriverlo e forse l’ho fatto, con parola impacciata, stanca, incerta e forse inadeguata.

Buona vita, a presto.

M.

Aktion T4

Dall’anno scorso ci è stato affidato un compito, quello di dedicare un ciclo di lezioni ad un argomento di educazione civica. Ho deciso di parlare dell’Aktion T4. Dietro a questo termine anodino si cela un’operazione di sterminio sistematico delle persone disabili in Germania, considerate vite indegne di essere vissute. Ho raccontato la storia in tedesco, riassumendola un po’ in italiano. Ho raccontato i fatti. Ho cercato di usare parole nude, prive di retorica, aiutato anche dal tedesco, che è una lingua essenziale, logica, che sto studiando dal lontano 1993. Non è la mia madrelingua, la devo trattare con rispetto e cura, forse ancora superiori a quelle che riservo all’italiano, che è casa mia, che il mio ventre materno, per così dire. Ho cercato di allargare il discorso a tutte le discriminazioni, provando a ragionare assieme ai miei alunni, invitandoli a ragionare con libertà e spontaneità, di discriminazioni con il pretesto dell’orientamento sessuale o del colore della pelle. I miei alunni hanno scritto presentazioni, belle ed originali. Sono stato felice e sorpreso, come sempre. Ho sentito di aver diffuso antifascismo, di avere seminato qualcosa, nel mio piccolo, nel mio piccolissimo.

La mamma di uno dei ragazzi mi ha fatto i complimenti per quello che ho fatto, raccontando che anche lei si adopera per far prendere coscienza ai propri figli di questi contenuti. Ho risposto ringraziando, ma anche affermando che stavo solo facendo il mio dovere di cittadino e di insegnante. Felice e stupito, di avere seminato bene, di avere seminato antifascismo e vita.

La cassaforte dell’anima

I colloqui con i genitori possono essere interessanti, non sempre. Possono portare in superficie qualcosa di un po’ nascosto. Nella scuola di quel paese in campagna, mi hanno dato 3 classi del liceo e 1 classe di ragioneria. Un pregiudizio vuole ragioneria peggiore del liceo. Ho una terza ragioneria, indirizzo RIM, relazioni internazionali marketing. C’è un ragazzo, un bravo ragazzo timido, che fa parte di questa bella classe. Avevo già parlato con la madre, la quale mi aveva parlato dell’entusiasmo del ragazzo per il tedesco.

Pochi giorni fa mi ha aggiunto: “Per mio figlio il tedesco è semplice, grazie a lei. Io conosco il tedesco e vedo che fate molte cose. I ragazzi sanno tanto, per essere al primo anno dello studio del tedesco. S. è felicissimo”.

Ho bisogno di questo blog, ho bisogno di mettere in ordine sensazioni, di depositare beni preziosi, nella cassaforte dell’anima. Ho bisogno, mi serve per far rimarginare le ferite, per proteggermi da altre possibili ferite. Ogni volta mi stupisco di questi elogi. Sono insicuro, ho i piedi per terra. Meno male. Me lo ha insegnato mia nonna.

Curare

Alcune settimana fa, ho partecipato, obtorto collo, ad una riunione online di insegnanti sullo stress lavoro correlato. Ho sentito colleghi, parlare dello stresso correlato al lavoro da insegnante. Venerdì scorso sono arrivato a scuola, reduce da una notte insonne. Avevo mal di testa, mi sono messo a lavorare, correggendo verifiche, durante l’ora di studio assistito, con alunni che non seguono l’ora di religione. La seconda ora ho spiegato la Rivoluzione e la Restaurazione in Europa, la società divisa in classi. Mi sono sentito meglio, mi è passato il mal di testa, l’umore è migliorato. La scuola mi cura. Mi stupisco, pensando ai colleghi che non vivono bene questo lavoro.

Non fare economia di gentilezza

PICCOLE STORIE BELLE

Sono piccole storie, che rinfrancano l’anima. è un sabato di qualche mese fa. Sto uscendo da scuola alle 13. Mi sono alzato presto, come tutti i sabati. Al sabato non c’è nessuno o quasi, in giro. Per strada c’è silenzio, le luci sono ancora spente e le tapparelle abbassate.

Arrivo a scuola, un po’ assonnato e felice. Le ore trascorrono felici e produttive. è l’una, scendo le scale, ho libri in mano, sono pesanti. Vedo due ragazze belle, sorridenti, avranno 18 anni, più o meno. Hanno sguardi, occhi, tratti somatici e accessori, che richiamano un altrove, che è sempre meno lontano. Non sono mie alunne, non mi conoscono, almeno credo. Tornano indietro di qualche passo, mi sorridono e mi tengono aperta la porta, per qualche secondo.

è un bel momento, sono pochi secondi che riscaldano il cuore. W la gentilezza, w queste piccole storie, io mi so ancora stupire, forse è un buon segno, almeno lo spero.