Quasi tutti gli anni la nostra data di scadenza è il 30 giugno, la data in cui termina il nostro contratto, il nostro contratto da precari di terza fascia, che è diventata seconda. Sembrava la terza classe sui treni, sa di passato e di morto. Forse noi siamo un po’ passati, noi insegnanti, perché parliamo di cultura, perché parliamo di qualcosa che dura, qualcosa che non muore in 24 ore, quasi come se fosse una storia di instagram. Si impara con il tempo, si impara studiando a casa, si impara attraverso la parola, attraverso l’esempio che diamo, attraverso la nostra personalità. La seconda fascia è come la seconda visione dei film, sa un po’ di sfigato, di cinema parrocchiale. Quest’anno la mia data di scadenza è il 31 agosto, prendo lo stipendio per due mesi in più, ma non vedo i miei fanciulli da quasi un mese. Non li avrò più come alunni, al 99%. Quando un prof scade va buttato via, il suo lavoro si interrompe e, quasi sicuramente, non ricomincia più con gli stessi alunni. Cambiano le facce, cambiano i caratteri, cambiano i luoghi, che diventano vicini o più lontani, cambiano i colleghi, simpatici oppure no. Cambiano tutti gli anni, tranne uno, all’alberghiero, tranne quando ho insegnato in una scuola di frati, dove ho insegnato per quasi due anni e mezzo, ma ero senza contratto e ho perso 24 punti. Se fossi solo io, se fossimo in pochi ad essere precari, non sarebbe un problema politico. La precarietà è stata istituzionalizzata, negli ultimi 20 anni, da governi di cosiddetta sinistra e di destra. L’istruzione è stata sempre più messa all’angolo, ridicolizzata da politicanti in malafede e privi di contatto con la realtà. I politicanti del cosiddetto centrosinistra hanno iniziato a calpestare la Costituzione, finanziando le scuole private, hanno calpestato la scuola.
A fine aprile, al più tardi a maggio di ogni anno, ti chiedono speranzosi i tuoi alunni e i colleghi: “Rimane il prossimo anno?” Ci tengono e tu racconti loro che non è sicuro. E ogni volta si ripete la stessa storia, ogni volta ricominci da un’altra parte, persuaso del fatto che quello che lasci di positivo rimarrà.
Domenica ha telefonato la persona che prenderà il mio posto a settembre: è giovane e tronfio di orgoglio per essere di ruolo. è difficile essere di ruolo, probabilmente si sente migliore di me. Gli scappa da ridere mentre dice: “Mi dispiace, perché ti porto via il posto.” Gli ride anche il culo. Gli rispondo che conosco benissimo il sistema, che non mi stupisce non riavere più il mio posto. è guerra tra poveri. Per certi aspetti, la situazione è perfino migliorata. I primi tempi in cui insegnavo alle scuole pubbliche, le graduatorie si aggiornavano a novembre/dicembre, Al venerdì uscivi da loro prof, dal lunedì successivo ne avevano un altro, scadevi prima.