Month: gennaio 2021

Teoria e pratica

Non sono capace di parlare di teoria della scuola, ammesso che possa servire a qualcosa, ammesso che esista. Mi fa abbastanza ribrezzo il burocratese, quel gergo scuolese, del cui uso compulsivo si vantano alcuni colleghi. Mi piace parlare di pratica, mi piace sporcarmi le mani, cercare soluzioni.

I vari DPCM che si susseguono sulla pandemia hanno sancito il diritto dei BES, cioè di coloro i quali hanno disturbi dell’apprendimento come la dislessia, così come delle persone disabili a frequentare la scuola in presenza. In una delle mie classi i genitori di una ragazza hanno fatto questa richiesta, seguiti da quelli di altre compagne, non in condizioni di dislessia. Non mi ha fatto piacere. A scuola la connessione internet funziona male, malissimo a volte. Questa settimana ci devo andare per due volte, dalla prossima per tre.

Martedì mi alzo prima dell’alba e raggiungo la scuola, molto lontano, a 50 km da casa. Fa freddo, ma soprattutto fa tanto tanto incazzare. Arrivo nella prima aula vuota e faccio lezione solo ai ragazzi a casa, la connessione va discretamente. Alla seconda ora succede il fattaccio, la connessione fa il proprio comodo e i ragazzi di prima perdono metà lezione, perdono il loro diritto allo studio, arrivano la terza e la quarta ora e devo andare nella classe dove ci sono le 4 ragazze. Faccio una battuta con loro, sono contento di vederle. “Mi sembra strano, vedervi a tre dimensioni, a grandezza naturale” Loro ridono. Mi collego con i loro 24 compagni a casa e la connessione va malissimo, la loro voce e la mia diventa metallica, le nostre immagini appaiono e scompaiono spesso.

Per garantire il diritto allo studio in presenza di 4 alunne, lo si è negato, parzialmente, a diecine di loro compagni. Quanto sono distanti la teoria e la pratica.

Succede in tutto l’istituto, perché la connessione non è abbastanza potente, succede nel profondo nord, in un paesone, in un liceo, dove ci sono, molto spesso, famiglie garantite, con pochi problemi a collegarsi da casa. E intanto si continuano a finanziare le scuole private, invece di destinare quei soldi alle pubbliche.

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Ha un bellissimo modo di fare


Il liceo è una linea diritta. è stato il mio mondo, lì sono cresciuto, lì ero un ragazzino troppo magro, con un papillon un po’ grande e un po’ ridicolo in una ripresa televisiva. Ero entusiasta e appassionato, straappassionato. Ero timido e un po’ goffo. Ho trascorso 5 anni nel liceo dell’élite della mia città, io che venivo dalla periferia e ci abito ancora. Sono periferico e centrale, cittadino del mondo, ora come allora.

Quando seppi che sarei dovuto andare all’alberghiero, all’inizio non ero stato contento. Avevo paura che quel mondo sarebbe stato troppo lontano da me. Mi sbagliavo, per fortuna. è una linea frastagliata, zeppa di contraddizioni, a volte stancante, fatta di voci alte e risate, a volte un po’ sguaiate, odori buoni e odori forti, umori corporali e cibo guasto. è fatto di foto allegre con i ragazzi, di concetti appresi lentamente, a volte anche in modo più veloce. è fatto di solenni incazzature e di dimostrazioni di affetto viscerali e sincere verso il prof, è fatto di risultati, ottenuti con l’impegno e la pazienza.

Sono stato bene all’alberghiero, ma sono tornato al liceo, non c’era più posto per me lì, hanno nominato un’insegnante di ruolo. Sono stato un po’ dispiaciuto. Mi hanno dato le classi dalla prima alla quinta: ci sono ragazzine e ragazzini imberbi, ma ci sono anche ragazzi/e e donne/uomini. I maschi sono la minoranza, una netta minoranza, era così, anche quando io ero alunno. Sono pettinati bene, tutti o quasi. Sono ragazzi della quieta borghesia di provincia, né poveri, né ricchi. Hanno qualche tragedia, qualche problema, ma niente di tragico, niente di terribile. Sono vestiti bene, tutti si lavano regolarmente.

Da qualche mese c’è la didattica a distanza e anche i ricevimenti sono a distanza. La madre di una ragazzina di prima mi dice: a volte sono a casa e mi capita di ascoltare le sue lezioni, che sono molto interessanti. E poi, lei ha un bellissimo modo di fare con le ragazze, che sono molto cariche.

Veramente ho un bellissimo modo di fare anche con i ragazzi, ma fa lo stesso.

Ombelico

Even though she sleeps upon your satin
Even though she wakes you with a kiss
Do not say the moment was imagined
Do not stoop to strategies like thisAs someone long prepared for this to happen,
Go firmly to the window. Drink it in
Exquisite music. Alexandra laughing
Your firm commitments tangible againSharon Robinson, Alexandra LeavingSuddenly the night has grown colder.
The god of love preparing to depart
Alexandra hoisted on his shoulder,
They slip between the sentries of the heart.Upheld by the simplicities of pleasure,
They gain the light, they formlessly entwine
And radiant beyond your widest measure
They fall among the voices and the wineIt’s not a trick, your senses all deceiving
A fitful dream, the morning will exhaust
Say goodbye to Alexandra leaving.
Then say goodbye to Alexandra lostEven though she sleeps upon your satin
Even though she wakes you with a kiss
Do not say the moment was imagined
Do not stoop to strategies like thisAs someone long prepared for this to happen
Go firmly to the window. Drink it in
Exquisite music. Alexandra laughing
Your firm commitments tangible againAnd you who had the honor of her evening
And by the honor had your own restored
Say goodbye to Alexandra leaving
Alexandra leaving with her lordEven though she sleeps upon your satin
Even though she wakes you with a kiss
Do not say the moment was imagined
Do not stoop to strategies like thisAs someone long prepared for the occasion
In full command of every plan you wrecked
Do not choose a coward’s explanation
That hides behind the cause and the effectAnd you who were bewildered by a meaning
Whose code was broken, crucifix uncrossed
Say goodbye to Alexandra leaving
Then say goodbye to Alexandra lostSay goodbye to Alexandra leaving
Then say goodbye to Alexandra lost

Qualche volta guardo il mio ombelico e penso di essere bravo a scrivere certi post, mi diverto e poi mi viene da sorridere, qualche volta muoio dal ridere. Lo so di non essere Saramago, me ne rendo conto.

Stavo pensando al grande amore, nato troppo presto, che non so nemmeno se è grande. Stavo pensando a quello che è successo la scorsa estate, quando ho conosciuto una donna, che, all’improvviso si è interessata a me. Mi aveva stupito, ma era bello. Era bello quando ci scrivevamo i messaggi e ci telefonavamo spesso. Sembravamo due fidanzatini adolescenti. Mi faceva stare bene e poi, dopo quella sera al mare, è diventata sempre più fredda e distante, arrivando ad “accusarmi” di averla “idealizzata”. Ed è svanito rapidamente tutto, fino a quel mio ultimo messaggio, che terminava con “buonanotte”.

è durato poco, troppo poco, come l’estate in certi paesi di montagna, è durato troppo poco, come certi vip veri o presunti che vanno ad un reality show. Avrebbe potuto essere un’estate entusiasmante, avrebbe potuto, invece quel rapporto è andato a farsi friggere, forse anche per colpa mia, non discuto. è andato a farsi friggere come altri, nati bene, nati troppo velocemente, morti troppo velocemente.

e poi il 16 settembre se ne è andato il mio amico fragile, troppo fragile. e la sua fidanzata se ne è quasi andata. che estate del cavolo, rischiarata solo da zumba e dalla mia personal trainer. massì, anche da panorami montani e buon cibo.

M.

Vittorie

You Want it Darker, testo

If you are the dealer, I’m out of the game
If you are the healer, it means I’m broken and lame
If thine is the glory then mine must be the shame
You want it darker
We kill the flame

Magnified, sanctified, be thy holy name
Vilified, crucified, in the human frame
A million candles burning for the help that never came
You want it darker

Hineni, hineni
I’m ready, my lord

There’s a lover in the story
But the story’s still the same
There’s a lullaby for suffering
And a paradox to blame
But it’s written in the scriptures
And it’s not some idle claim
You want it darker
We kill the flame

They’re lining up the prisoners
And the guards are taking aim
I struggled with some demons
They were middle class and tame
I didn’t know I had permission to murder and to maim
You want it darker

Hineni, hineni
I’m ready, my lord

Magnified, sanctified, be thy holy name
Vilified, crucified, in the human frame
A million candles burning for the love that never came
You want it darker
We kill the flame

If you are the dealer, let me out of the game
If you are the healer, I’m broken and lame
If thine is the glory, mine must be the shame
You want it darker

Hineni, hineni
Hineni, hineni
I’m ready, my lord

Hineni
Hineni, hineni
Hineni

Ho fatto molti viaggi in autostrada. Non so nemmeno se siano molti, non faccio il camionista. Ho fatto 100 chilometri per 5 giorni alla settimana. Ricordo il suono del telefono, che interrompe la musica che sto ascoltando. Prima di notare che è lui, alzo gli occhi al cielo, immaginando uno scocciatore. Sento la sua voce, alta ed entusiasta. Mi tornano alla mente i suoi capelli folti, ricci e ribelli. L’ho conosciuto all’alberghiero. Il mio rapporto con l’alberghiero è complesso. Amo il cibo, amo il vino e quello che comunica. Ho sentito dei sapori importanti e sensati, accanto ad altri sconclusionati e, a volte, poco gustosi, per usare un eufemismo. Ho conosciuto colleghi positivi, in particolare una mia collega di sostegno, cuoca eccezionale, per vocazione e predisposizione, la quale potrebbe aprire un ristorante di successo domattina. I ragazzi che vanno all’alberghiero sono un mondo pieno di colori e contraddizioni. Ci sono quelli che vogliono diventare chef e/o maitre, ci sono quelli che vanno all’alberghiero, per disperazione e per esclusione. Sono diversi da quelli del liceo, anche se qualcuno somiglia loro. Tante volte hanno poca di studiare, o meglio, hanno voglia un giorno sì e due giorni no. Io sono stato un liceale, amante dello studio, mai secchione. Ho frequentato il liceo delle élites, senza tirarmela mai, però. Qualche volta ho fatto fatica a capire chi non ama lo studio, soprattutto lo studio della letteratura e delle lingue, cercando di ascoltare e di aiutare chi aveva più difficoltà di me, mai chiudendomi nel fortino. I due anni all’alberghiero hanno rappresentato per me il confronto con un mondo diverso, un modo per contaminarmi ancora un po’, io che amo le contaminazioni oltre ogni limite.

Ma torniamo ai suoi capelli ricci e ingovernabili, che ogni tanto decide di imprigionare con un elastico, formando una specie di cactus. Quando l’avevo conosciuto, me lo ricordo incazzereccio, ombroso, con il tono nervoso e una cugina brava. L’ho visto cambiare, almeno un po’, l’ho visto cercare il dialogo sulla vita, l’ho visto cercare il cazzeggio nei tempi morti, il cazzeggio intelligente e autoironico, assieme a me e ad altri compagni, tra cui sua cugina. L’ho visto fidanzarsi con una ragazza tranquilla e posata, mentre i suoi capelli diventavano sempre più ricci, lunghi e ribelli. L’ho visto di nuovo ombroso e silente, sfinito a causa di notti tormentate da troppa internet. L’ho visto più pronto a contaminarsi. L’ho visto sempre più pronto ad usare le proprie capacità in tedesco, dimostrando, innanzitutto a se stesso, che ce la poteva fare, anche se non sempre, anche se rimane, a volte, schiavo dei propri umori e malavoglia. E impara cose, fa strada, mi presenta la sua fidanzata in un’interrogazione su Meet. Le dico che ha trovato un bravo ragazzo, che è stata fortunata, anche se, a volte, meriterebbe qualche bastonata quel fanciullo dai capelli ribelli, che quel giorni mi telefona e parliamo di tutto, senza prenderci troppo sul serio. Parliamo delle cose importanti e della sua crescita. Lui mi dice che nessuno gli aveva mai detto quelle frasi che gli stavo dicendo io, nemmeno suo padre. Mi dice che deve preparare un esercizio di tedesco complicato per la scuola, mi dice che vorrebbe lo aiutassi a prepararlo. Pronuncia una frase con tono soddisfatto e autoironico, non avrei mai detto, fino a qualche tempo fa, che avrei chiesto ad un prof di studiare con lui. Gli dico che sono felice per lui, perché sta crescendo, che è giusto così. Sono le più belle vittorie, queste.

La sera facciamo una videochiamata su whatsapp, io sono stanco morto, ma felice di dargli una mano. L’esercizio è abbastanza complicato, ma lui ce la fa. Compare sua mamma, quasi commossa, che mi ringrazia per quello che faccio, ma il premio l’ho già avuto. Ho visto una persona crescere, sono cresciuto un po’ anche io.

M. (è successo qualche mese fa, poco prima che iniziassimo a fare lezioni a distanza)

Non solo prof

Ogni tanto mi ricordo che non faccio solo il prof, anche se questo blog è un blog di scuola.

DIETRO AD OGNI DOCUMENTO, UNA STORIA. NON SOLO CLIENTI.
Sono solo, quando traduco un documento. Sono seduto davanti ad un computer e scrivo, trasferendo con le parole migliori, il senso di un testo in un’altra lingua. Spesso penso a cosa contiene quel documento, quel documento magari contiene il desiderio di una persona di vivere la propria vita in Italia, da italiano/a, dopo avervi abitato per decine d’anni. Quella persona parla italiano con accento bolognese quasi come il mio, magari. A volte non è mai stata nel paese di cui è originaria. Dietro a quel documento ci sono anni di lavoro e di impegno, per tirare su una famiglia e mandare a scuola i figli. Dentro ad un certificato di laurea tradotto in inglese o in altre lingue c’è la storia di una persona che ha tanti meriti, che non vengono riconosciuti in Italia, oppure la storia di una persona che ha deciso di fare un’esperienza altrove. Ci può essere la storia di una persona che ha deciso di comperare la propria automobile all’estero, magari perché costa meno, oppure la storia di una persona che ha deciso di far riconoscere il proprio titolo di studio in Italia. Allora non sono così solo, quando traduco un documento. Lo so che non sono solo, anche se queste presenze hanno voce udibile dall’orecchio solo quando vengono a portare la traduzione o a ritirarla. Oppure quando ti telefonano con voce felice e sollevata, perché il loro figlio ha ricevuto la cittadinanza russa, oppure perché loro sono diventati cittadini italiani o perché la loro ditta ha vinto la gara d’appalto, per la quale hai tradotto i documenti. Oppure, perché sono riusciti a registrare all’anagrafe il loro figlio nato all’estero. Ti telefonano per gli auguri di Natale o per l’anno nuovo, oppure per farti un saluto, perché non sono mai solo clienti. AUGURI DI UN SERENO 2021 A VOI E ALLE PERSONE A CUI VOLETE BENE!