Mio nonno era un uomo grande, con gli occhi azzurri e pochi capelli. Era un uomo generoso e intelligente. Stava andando verso M., luogo di una feroce strage nazifascista. Incontrò persone che stavano scappando, terrorizzate. Gli dissero: a M. stanno ammazzando tutti. Lui tornò indietro, era andato a cercare cibo per la propria famiglia, mia nonna, mia madre e la sua bisnonna. Andò a cercarlo altrove. Me lo raccontava, me lo raccontava mia nonna, con l’aria terrorizzata, schifata e indignata. Mi raccontavano tanto, mi raccontavano di prepotenze e privazioni, di fatica e sacrifici, con orrori per quello che era successo e che sarebbe potuto succedere ancora.
Alle superiori ho letto M. parla, un libro su quella strage. Ero sull’autobus che mi portava a scuola e ricordo il mio orrore inestinguibile, la sensazione di aver preso un sacco di botte, la sensazione di orrore e spaesamento. Ho visto una puntata di Blu Notte, la trasmissione di Carlo Lucarelli, e ricordo il volto terrorizzato e piangente di un signore anziano, il quale, dopo la strage, andò in cerca di superstiti e vide in penombra la figura di una donna seduta a terra. Aveva il ventre squarciato e il neonato in grembo. Erano stati i nazisti, i fascisti. Mia nonna mi raccontava quelle cose.
Tutti gli anni vado a M., sui luoghi di quella strage. Quest’anno ci sono andato il 2 giugno. E rimango in silenzio. E penso. E inorridisco come allora. E ringrazio mia nonna e mio nonno, per tutto quello che mi hanno trasmesso.