scrivo queste note poco prima di andare nella scuola media, la scuola difficile, di cui ho già parlato in qualche post.
quando vado nella scuola superiore, mi sento forte, potente, sicuro di me. mi sento in sintonia con quei ragazzi, do loro quello che vogliono. Non ho paura delle difficoltà, non ho paura di nulla. quando vado nella scuola media riaffiorano delle insicurezze, dei dubbi, delle domande su come debbo fare per parlare le lingue di chi, molto spesso, non ha nulla. forse è uno scossone positivo, forse mi fa bene. Vedo che riesco a trasmettere qualche contenuto anche a qualcuno dei più difficili tra i ragazzi. Non solo qualche contenuto. C’è S.M., una bambina di 11 anni, piccola e magra magra, viene dal Kosovo. si presenta spavalda, sicura di sé, sembra prepotente, fin dal primo giorno. Io la sgrido, perché mi rende difficile la lezione. I mesi passano e un po’ la conosco: le piace disegnare, non le piace stare ferma e cerco di coinvolgerla. Le faccio disegnare gli oggetti della scuola, a condizione che ne impari il nome in tedesco. Le faccio disegnare la bandiera della Germania, purché impari come si scrive Deutschland. Lunedì scorso riesce a stare attenta per 40 minuti consecutivi, un record per lei, anche se chiacchiera un po’ con la compagna, prende appunti, si da da fare. Poi la sua attenzione salta, chiede di uscire. Io la lascio uscire, quando ritorna, dopo qualche minuto, mi guarda e mi dice “un abbraccio no?” e mi abbraccia per qualche secondo. Non era così spavalda, non era così sicura di sé. Poi, quando finisce l’ora, esige, assieme ad una sua compagna, di aiutarmi a portare le borse nell’altra classe, per essere servizievole e, naturalmente, per farsi un giretto. Mi dice “ti voglio bene, prof”, quando torna nella propria classe.
è solo fragile, siamo fragili.