Sono stravolto. I miei pensieri sono lenti come la digestione (ho mangiato due misere brioches a colazione), ma sono soddisfatto. Forse è un miraggio, ma mi sembra di vedere il sole.
I primi giorni sono stati positivi, credo di stare crescendo come persona e come insegnante. Domani compirò 1 settimana di scuola. Mi sto già affezionando ai ragazzi.
Ma quanto magni a colazione??
pochino, però mangio ad orari sballati (le 6 o anche prima) e mi resta tutto sullo stomaco. mannaggia!
due misere brioches ti sembra poco? Per te una colazione abbondante la fai con la peperonata?
ah ah ah ah ah
È speciale, davvero speciale il modo in cui parla di sé come insegnante. Sembra di leggere i pensieri di un ragazzo. Come se anche lei fosse seduto fra i suoi studenti ogni mattina. Mi scusi se scrivo questo e se mi permetto di chiederle se è davvero così, così come lo interpreto da qui.
è vero, è un coinvolgimento fisico e mentale totale. per me è una sfida continua.
Sa perché mi sono permessa di scriverle una domanda così personale? Perché…mi è sembrato di vedere in lei due tipi di insegnante, o meglio, un insegnante e un maestro, di quelli vecchio stampo, severi e accigliati. Ecco, quando parla di sé sembra si dia voti strettissimi, pochi apprezzamenti che non vanno oltre il minimo necessario, molta severità. Tutto il contrario rispetto a quando descrive come insegna ai ragazzi. Mi colpisce molto questo. Penso ai suoi allievi, che si ritrovano davanti ad un maestro che mentre insegna a loro verifica sè stesso, si giudica. Non so come spiegarlo meglio…questo suo essere maestro di sè sembra un filtro, qualcosa che ripulisce il gesto interiore di insegnare prima che si manifesti e diventi lezione, dialogo…Mi scusi,ma è un dettaglio bellissimo, vero o no che sia, è quello che mi arriva e lo trovo comunque estremamente bello. Grazie, da lettrice.
ho sempre l’impressione di indossare un vestito troppo stretto o troppo largo. insegnare significa fabbricare ponti, fabbricare ponti significa sfidare anche la gravità, ad esempio.
insegnare è portare qualcosa che è parte di te, che arriva dai tuoi studi, dalle tue esperienze ad altre persone, sperando che le altre persone lo raccolgano e lo facciano proprio, magari in modo diverso. ricevo più volte attestati di stima, che mi lasciano stupito. penso di non accorgermi abbastanza di quello che ho. penso di voler sempre migliorare, non mi accontento mai di me.
Esiste, ne ho le prove, una forma di umiltà che non chiede di stare nascosti, ma anzi si manifesta proprio quando ci si espone molto. È una sorta di nocuranza per la parte migliore di sé, che porta a considerare il proprio talento come un mezzo, come un meccanismo, un ingranaggio da tenere ben oliato, perchè semplicemente funzioni al massimo delle sue prestazioni possibili. Le persone che la possiedono, che la praticano, spesso non ne hanno consapevolezza, prese come sono a migliorarsi o, soprattutto forse, ad essere fedeli a sé stesse. Sono persone che si mettono sempre in discussione, che camminano sul filo dell’inadeguatezza ma la combattono, certe di possedere un talento, qualcosa che serve agli altri esseri umani. Le loro insoddisfazioni non imboccano mai la strada della frustrazione, piuttosto della mitezza e la severità con cui giudicano sè stesse diventa sobrietà e si manifesta in ogni loro espressione, perfino nell’allegria, perfino nell’innamoramento. Io credo che lei sia una di queste.
bisogna avere qualcosa dentro che entra non si bene come, bisogna credere nell’essere umano e crederci con ottimismo, con l’ottimismo dei fatti, perché se si fa questo lavoro, si può essere solo ottimisti. è un ottimismo che va oltre la ragione, che consiste nel vedere qualcosa negli occhi di quelle persone, qualcosa che nemmeno loro vedono.