Una volta non mi piaceva lo sport. Non mi piaceva, perché i miei genitori mi volevano spingere a praticare degli sport che non mi piacevano e che non mi sarebbero mai piaciuti, come il nuoto. Io volevo praticare la danza classica, si sa,
Ho avuto il dono da parte della natura di un corpo armonico e atletico e una resistenza cardio-vascolare importante. Non so quanto dipenda dal corpo e quanto dalla mente. Penso che la mente sia più importante del corpo nella corsa. Quando trascorro tanto tempo senza praticare sport, ne avverto la necessità fisica e mentale, soprattutto quando ritorno nella mia città. L’adipe che ricopre lo stomaco e i miei ex addominali è un peso sulla coscienza da eliminare. Io vado in palestra, faccio aerobica, pilates.. Quando ritorno a casa, voglio correre. Correre era l’unica attività sportiva che mi interessava, a parte il balletto. Quando, alle scuole medie, c’era la corsa campestre, io raggiungevo delle buone posizioni e mi stupivo di me stesso. Gli anni passano, frequento la palestra con gioia e passione, trovo un amico, più grande di me. è un uomo che ama la vita, peccato che sia un po’ di destra. Mi propone di andare a correre. La palestra è vicino a casa, lì vicino a casa c’è una lunga strada, piena di traffico e inquinamento, che porta fuori dalla città. Vicino a quella strada inizia un parco, alberi, verde appena disordinato, panchine, sentieri asfaltati. Quel parco porta ad un grande fiume, in quel parco ci sono uomini, donne, bambini, stranieri e italiani, ci sono animali e gioia. D’estate ci sono tante persone, ma anche di inverno il parco è preso d’assalto da donne e uomini, quando il tempo è bello. Vado in palestra dopo pranzo, sono un liceale e poi un universitario. Io e il mio amico andiamo a correre da febbraio, quando ci sono le prime temperature miti, fino ad ottobre, saltando il mese di agosto. Andiamo a correre anche quando fa molto caldo, sotto lo sguardo divertito e stupito di donne affacciate alla finestra. Entriamo nel parco tenendo un ritmo compassato, da jogging, usciamo per un breve tratto di strada, costeggiando il parco, di fianco a villettine bianche che sembrano delle case al mare, anche se non siamo al mare. Rientriamo nel parco, ci sono piccole salite e discese. c’è un chiosco di bibite e gelati. Il fiume è vicino, lo costeggiamo per rendergli omaggio. Io ho un’ottima resistenza fisica, sono soddisfatto di me. Sono gli anni delle superiori, dell’università, di amori, di impegno politico, di cultura. Sono gli anni della scoperta della vita. Più ci penso, più mi rendo conto che i luoghi hanno un’anima. I luoghi non sono mai neutri, i luoghi sentono i nostri discorsi, sentono le nostre risate, le nostre lacrime e le nostre tristezze. Sentono e cambiano, non rimangono mai gli stessi. Non succede solo durante i viaggi. Gli anni passano e il mio amico se ne va da questa terra. Torno a correre, ma con meno frequenza, con altre persone, che, però sono meno simpatiche del mio amico. Abbiamo corso con il sole, siamo stati sorpresi dalla pioggia, ci siamo dovuti riparare negli stand della Festa dell’Unità, in compagnia di un anziano signore con il cappello che ci guarda con aria perplessa.
I miei anni felici svaniscono con la fine dell’università e la fine della vita di mia nonna. Iniziano anni di tristezza e sfiducia, nei quali continuo ad andare in palestra, ma non vado a correre. Guardo il grande parco e il grande fiume solo dal finestrino dell’automobile.
All’inizio di questo post ho scritto che si corre con la mente, si corre per sfidare sé stessi. Non mi interessa la competizione con gli altri, mi interessa collaborare, scambiare idee, crescere con gli altri. Mi interessa progredire, mi interessa vincere qualche mio limite. Gli anni di tristezza e di quasi depressione inquinano la mente, inquinano le amicizie, inquinano i rapporti umani. La tristezza e la sfiducia chiamano tristezza e sfiducia, chiamano rapporti umani tossici e inutili. Bisogna ricostruire le macerie di sé stessi, bisogna ricostruirle, perché c’è stata una guerra e sono stato sconfitto, c’è stata una guerra, in cui io ho perso. Inizio a capire che bisogna eliminare i rami secchi, quei rapporti senza senso e senza logica, prima uno e poi l’altro vengono da me liquidati, ritrovando l’orgoglio di un essere umano. Lavoro, annullando me stesso. Io non esisto più, sono sotto le macerie, che, in parte, anche io ho contribuito a buttarmi addosso. Io amo la lettura, ho anche diminuito il numero di libri e la qualità di questi libri scende.
In un giorno di fine estate, che sembra un giorno di luglio, sento un richiamo. Sono le sei di sera, prepotenti di luce. Mi preparo, pantaloncini t-shirt e bandana. Debbo andare in quel parco, lo debbo fare, perché quel parco mi sta chiamando. Più corro, più l’energia aumenta. La resistenza è resistenza di mente, di corpo. Quando finisco, sono pieno di elettricità, gioia, mi esalto. Vorrei fare l’amore con quel parco, provo quasi un’eccitazione carnale. Il parco è vivo.
La risalita continua, la tristezza lascia il posto alla consapevolezza di un me stesso migliore. Continuo a correre e anche qualche settimana fa, pochi giorni dopo essere tornato dalle vacanze ricomincio a correre. Voglio bene a quel parco, che costeggia il grande fiume. Voglio bene a me stesso, quando la fatica aumenta, penso che manca sempre meno al traguardo e la sfida è quasi vinta. Controllo la respirazione, controllo me stesso. Il ritmo che seguo è il ritmo della mia vita, un ritmo tranquillo e regolare. è quasi una filosofia di vita. Vorrei abbracciare gli alberi e la terra, mi porto dentro il grande spazio, grande come lo spazio di un blog, dove si può raccontare liberamente, per sfogarsi, per liberarsi.